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Turismo spaziale, ecco le questioni giuridiche aperte

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La nuova attività mette in luce l’inadeguatezza del quadro attuale sollevando una serie di questioni che il diritto dovrà valutare e che risultano fondamentali per lo sviluppo del settore. Riflettori anche sull’uso del nucleare: ci si affida a strumenti non vincolanti in presenza di tecnologie di estrema pericolosità, che non possono essere evitate senza provocare un grave danno alle attività spaziali e alla nostra quotidianità

Pubblicato il 07 Mar 2022

Viviana Iavicoli

Researcher in Space Law, MA College of Europe - Istituto di Studi Giuridici internazionali ISGI-CNR

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Negli ultimi tempi assistiamo all’intensificarsi dei voli spaziali, in gran parte dovuto all’ingresso dei privati nelle attività spaziali (Virgin Galactic, SpaceX, Sierra Nevada, Bigelow) e in tale contesto si va affermando e consolidando il ruolo del turismo spaziale che consente ai singoli di fare esperienza dell’assenza di gravità. In un futuro neanche troppo lontano sarà realizzabile il soggiorno in hotels orbitanti nello spazio (Voyager Station dovrebbe essere operativo nel 2027) o collocati sulla Luna.

Come si configura il turista spaziale?

Questa nuova attività turistica mette in luce l’inadeguatezza del quadro giuridico attuale sollevando una serie di questioni che il diritto dovrà valutare e che risultano fondamentali per lo sviluppo del settore. Se dal punto di vista tecnologico il turismo spaziale è già nei fatti, dal punto di vista giuridico la situazione presenta un quadro ancora indefinito. A cominciare dallo status stesso di turista spaziale, che andrà considerato disgiuntamente da quello di astronauta, il solo preso in considerazione dai Trattati esistenti. Manca infatti nei Trattati generali sullo spazio, conclusi nell’ambito delle Nazioni Unite, la definizione di astronauta, che viene semplicemente identificato quale “inviato dell’umanità”, qualifica che peraltro poco si addice al turista spaziale. C’è da aggiungere tuttavia che la figura del turista spaziale non è del tutto nuova in diritto, in quanto già prevista nell’ambito della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), anche se non esattamente coincidente con lo status dei passeggeri di un volo destinato a fini diversi.

Sicurezza, indennizzi, inquinamento: quali regole e chi paga?

Lo sviluppo dell’attività commerciale relativa al turismo spaziale potrà avvenire sia a livello sub-orbitale che orbitale, riproponendo così l’annosa querelle circa l’assenza di delimitazione fra spazio aereo e spazio extra-atmosferico ai fini dell’applicazione del diritto aereo o spaziale. Sarà inoltre fondamentale stabilire standard di sicurezza nei veicoli di lancio relativi al design e costruzione dei veicoli, che si spera siano i più elevati possibile, e delle operazioni a bordo. Di fondamentale importanza sarà poi la soluzione degli aspetti di responsabilità per quanto riguarda l’indennizzo per danni o morte dei passeggeri e del personale di bordo. Va detto che attualmente la Convenzione sulla responsabilità (Liability Convention) prevede il risarcimento per ferite o danni causati da un oggetto lanciato nello spazio ma la procedura non può essere attivata dal privato danneggiato. Non da meno dovrebbero essere affrontate le questioni connesse all’inquinamento spaziale ed il quadro giuridico dovrebbe riflettere (ove possibile) anche gli aspetti etici del Trattato sullo spazio (OST) secondo il quale l’esplorazione e l’uso dello spazio devono essere a beneficio dell’umanità, senza ostacolare la nascente attività commerciale.

Si tratta quindi di problematiche che dovranno trovare soluzione attraverso un bilanciamento a livello internazionale delle diverse posizioni degli Stati che, a loro volta, dovranno provvedere ad emanare legislazioni nazionali che completino il quadro normativo ma è chiaro che la mancanza di un nucleo uniforme determinerebbe uno sviluppo limitato del settore.

L’energia nucleare nello Spazio

L’uso del nucleare è sempre stata questione divisiva ma l’attuale transizione verso forme di energia pulita fomenta un nuovo dibattito a livello globale coinvolgendo aspetti politici e scientifici. Per quanto riguarda l’uso del nucleare in ambito spaziale invece in alcuni casi specifici non vi è alternativa. Tecnologie nucleari sono attualmente impiegate soprattutto sulle sonde interplanetarie dove le loro caratteristiche di longevità, indipendenza dalle condizioni ambientali, compattezza ed economicità risultano decisive. (Attualmente le sonde Voyager 1 e 2, lanciate dagli Usa sul finire degli anni ’70 per rimanere nello spazio soli quattro anni, viaggiano ancora oltre i confini del sistema solare e sono in grado di trasmettere a terra immagini ed informazioni, sebbene ad intervalli sempre più lunghi). Tali applicazioni sono usate in funzione non propulsiva ovvero per l’alimentazione delle strumentazioni di bordo di satelliti e sonde, riscaldamento e raffreddamento e per i sistemi di comunicazione.

L’esplorazione dello Spazio profondo

Si è rivelata invece impresa più complessa del previsto dal punto di vista tecnico ed anche molto costosa la realizzazione della propulsione nucleare, che sarà invece indispensabile per l’esplorazione dello spazio profondo e la colonizzazione del sistema solare. Ci sarà quindi un incremento nell’uso di queste applicazioni nei prossimi anni (a meno che non vi siano nuove tecnologie che, per il momento, sembrano tutte in fase sperimentale) così che gli Stati Uniti, che ne hanno fatto maggior uso finora (insieme all’Urss/Russia) e vantano la legislazione nazionale più sviluppata, si sono dotati di provvedimenti legislativi ad hoc, prevedendone l’impiego anche nell’ambito degli Artemis Accords. C’è da chiedersi però se al lancio dei prossimi spacecraft con a bordo queste fonti nucleari le associazioni ambientaliste presenteranno nuovi reclami presso le corti statunitensi per bloccarne il lancio, come avvenuto nei casi delle sonde Galileo, Ulysses e Cassini sul finire degli anni ’80 e’90. Tali reclami non riuscirono però nell’intento essendo rigettati nel merito, dato l’interesse preminente del Paese allo svolgimento delle attività spaziali.

Il diritto dello Spazio e le norme di riferimento

Il diritto dello spazio, nonostante le numerose lacune, ha come riferimento alcune disposizioni, seppure generiche, dei Trattati dell’Onu, integrate da alcuni strumenti di soft law ossia non vincolanti, negoziati da un numero sufficientemente ampio di Stati, la cui condotta registra però un alto grado di conformità. Questi strumenti non vincolanti rispondono a caratteristiche di celerità, flessibilità e tecnicismo e sono in linea con una tendenza generalizzata del diritto internazionale e quindi dello stesso diritto dello spazio. In dottrina si evidenziano le diverse funzioni svolte da queste fonti normative che fungono da linee-guida per orientare la condotta degli Stati ed essere alla base delle legislazioni interne, oltre divenire potenzialmente diritto consuetudinario, quindi vincolante per tutti gli Stati.

Tuttavia resta in piedi il quesito principale, perché se da una parte gli Stati hanno tutto l’interesse ad usare la massima diligenza nell’applicazione di questi strumenti normativi per evitare danni alla popolazione ed all’ambiente, che li esporrebbe, tra l’altro, a compensi enormi in base alla Convenzione sulla Responsabilità degli Stati per danni provocati dagli oggetti spaziali, dall’altro il quadro giuridico resta per la gran parte affidato a strumenti non vincolanti in presenza di tecnologie di estrema pericolosità, che non possono essere evitate senza provocare un grave danno alle attività spaziali quindi alla nostra quotidianità.

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