La costellazione dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) Hermes Pathfinder (High Energy Rapid Modular Ensemble of satellites) è stata lanciata in orbita con successo a bordo dalla missione Transporter 13 di Space X, decollata lunedì 17 marzo dalla Vandenberg Space Force Base in California, negli Stati Uniti. Lo rende noto l’Asi.
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6 cubesat
I sei cubesat della costellazione sono stati integrati su una piattaforma di rilascio Ion realizzata dalla società italiana D-Orbit, posizionata su un vettore Falcon 9. Collocati su un’orbita eliosincrona ad un’altitudine di circa 500-520 chilometri, con un’inclinazione di 97,44 gradi i sei nanosatelliti saranno dispiegati dopo circa una settimana dal lancio con il rilascio di uno al giorno.
Svolta nel campo dell’astrofisica
Finanziati principalmente dall’Asi e con il contributo tecnico/scientifico dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), del Politecnico di Milano (Polimi), dell’Università degli Studi di Cagliari (Unica), i sei cubesat hanno l’obiettivo di rappresentare una svolta nel campo dell’astrofisica multi-messaggero ad alta energia e dell’impiego di nanosatelliti per missioni spaziali sfidanti.
La costellazione, formata da 6 Cubesat 3U, opererà in triplette e sarà in grado di rilevare e localizzare eventi astronomici casuali come i lampi di raggi gamma, inviando in tempi brevissimi un avviso alla comunità scientifica.
Successo per l’Italia
“Questo lancio segna ancora un successo della comunità spaziale italiana – ha affermato il presidente dell’Asi, Teodoro Valente -. Dall’inizio dell’anno abbiamo registrato molti risultati nel settore a livello internazionale. Sono particolarmente orgoglioso del ruolo guida dell’Asi in questa missione sfidante per l’attenzione e il forte supporto agli sviluppi ed agli esperimenti scientifici”.
Sensore distribuito
“Grazie alla competenza della nostra accademia, ricerca e industria, Hermes compie il suo passo fondamentale verso il dispiegamento di piccoli, ma preziosi satelliti cubesat – ha aggiunto Valente -. Lo scopo è quello di testare il concetto di ‘sensore distribuito’ nello Spazio per validare in orbita il principio di una misura tramite una piattaforma modulare, di piccola taglia e incrementabile, quale strumento versatile, rapido ed economico”.
Nuovo modo di fare scienza
Per il presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica, Roberto Ragazzoni, “questa piccola costellazione inaugura un nuovo modo di fare scienza con dei piccoli satelliti che ‘sintetizzano’ un telescopio grande quanto l’orbita in cui volano, con un diametro di quasi quattordicimila chilometri”.
“Gli astronomi – ha affermato – hanno già utilizzato questo tipo di tecniche ma è la prima volta che succede con satelliti di piccola taglia per sorgenti X e gamma anche provenienti da oggetti celesti al di fuori della nostra galassia. Contiamo sia un modello su cui implementare nuovi modi di osservare il cosmo dallo spazio”.
Partner d’eccellenza
Il Politecnico di Milano, ha commentato la rettrice Donatella Sciuto, “ha avuto un ruolo determinante in diverse fasi del progetto, dalla progettazione e integrazione dei satelliti ai test ambientali finali, utilizzando le proprie strutture e collaborando con partner d’eccellenza. Decisivo è il ruolo del laboratorio (Astra) del Dipartimento di scienze e tecnologie aerospaziali (Daer), leader nella ricerca aerospaziale”.