Hewlett Packard Enterprise ha inviato una terza evoluzione dell’Hpe Spaceborne Computer – realizzato con server di tipo Cots (Commercial Off-the-Shelf) – sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss). Il sistema è stato trasportato a bordo grazie a una missione appaltata dalla Nasa a Northrop Grumman Commercial Resupply Services e lanciata grazie al razzo Falcon 9 di SpaceX.
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Super calcoli nello Spazio
L’obiettivo dell’ultimo viaggio di Hpe Spaceborne Computer-2 è quello di consolidare i precedenti successi del sistema, ampliando al contempo la portata e la complessità dell’elaborazione a livello di data center e del calcolo ad alte prestazioni (Hpc) che possono essere eseguiti nello Spazio, compresi i carichi di lavoro di artificial intelligence e machine learning.
Set di dati più grandi
Questa configurazione del Hpe Spaceborne Computer, basato su server HpeEdgeline e ProLiant, è stata aggiornata con l’aggiunta di oltre 130 Tb di storage flash-based di Kioxia, che costituisce la maggior quantità di storage mai portata nello Spazio in una singola missione.
Il totale è composto da quattro dischi Kioxia da 960 Gb Rm Series Value Sas, otto dischi da 1.024 Gb Xg Series Nvme e quattro dischi Ssd Pm6 Enterprise Sas da 30,72 Tb. La memoria flash aggiuntiva consentirà di eseguire nuovi tipi di applicazioni e di condurre ricerche utilizzando set di dati più grandi attraverso l’Iss National Laboratory.
Sistema operativo aggiornato
I miglioramenti apportati all’Hpe Spaceborne Computer-2 comprendono anche un sistema operativo aggiornato, software di supporto al volo spaziale della Nasa e nuove funzionalità di sicurezza. Una volta a bordo della Stazione spaziale, l’efficienza e lo stato di queste tecnologie saranno monitorati quotidianamente per valutare le prestazioni nelle difficili condizioni dello Spazio.
Promuovere la ricerca
Una volta completata l’installazione di Hpe Spaceborne Computer-2 sulla Stazione spaziale, il sistema sarà utilizzato dai ricercatori per far progredire l’innovazione e risparmiare tempo. Tradizionalmente, i dati ottenuti nello spazio venivano raccolti a bordo dell’avamposto di ricerca e inviati a Terra per l’elaborazione. Un supercomputer a bordo consente di valutare i dati quasi in tempo reale direttamente in orbita bassa, rendendo possibile una riduzione di 30.000 volte delle dimensioni del download, trasmettendo a Terra solo gli output, o insight, e riducendo così drasticamente i tempi di download.