Raccogliere l’energia solare nello Spazio e trasmetterla sulla Terra in modalità wireless: in gruppo di ricercatori ha compiuto un piccolo ma necessario passo verso la realizzazione di questo sogno di lunga data.
Un satellite lanciato a gennaio è riuscito a inviare infatti una piccola parte di energia a un rilevatore sulla Terra, secondo quanto annunciato dal California Institute of Technology (Caltech). “Nessuno l’ha mai fatto prima”, assicura lo scienziato spaziale Sanjay Vijendran dell’Agenzia spaziale europea (Esa), citato dalla rivista americana “Science”.
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Generare energia nello Spazio
Per produrre tanta energia quanto una tipica centrale a carbone o nucleare, un satellite avrebbe bisogno di un’area di raccolta di chilometri di diametro, che richiederebbe centinaia di lanci e assemblaggi in orbita. La Nasa aveva pianificato una missione dimostrativa durante la crisi energetica degli anni ’70. Ma con la tecnologia dell’epoca la missione sarebbe costata mille miliardi di dollari.
Lo Spazio è cambiato da allora. Le celle solari e i raggi a microonde sono più economici e più efficienti. Robot in grado di assemblare strutture saranno presto in orbita e aziende come SpaceX hanno tagliato i costi dei lanci.
E recenti studi commissionati dall’Esa e dal governo del Regno Unito suggeriscono che giganteschi generatori orbitanti saranno presto in grado di generare elettricità a costi paragonabili alle centrali nucleari terrestri.
Il prototipo americano
Intanto, la missione Caltech, finanziata dalla Donald Bren Foundation e dalla Northrop Grumman Corporation, mira a fare un ulteriore passo avanti con componenti leggeri, economici e flessibili.
A cominciare dal trasferimento di energia in modalità wireless, il Maple (abbreviazione di Microwave Array for Power-transfer Low-orbit Experiment), una delle tre tecnologie chiave testate dallo Space Solar Power Demonstrator (Sspd-1), il primo prototipo spaziale del Caltech’s Space Solar Power Project (Sspp). Sspp che mira a raccogliere l’energia solare nello Spazio e trasmetterla alla superficie terrestre.
Trasmettori a microonde
Il Maple consiste in una serie di trasmettitori di potenza a microonde flessibili e leggeri guidati da chip elettronici personalizzati che sono stati costruiti utilizzando tecnologie al silicio a basso costo.
Il trasmettitore a microonde era un array di 32 antenne piatte imballate su una superficie leggermente più grande di un piatto da portata. Variando la tempistica dei segnali inviati alle diverse antenne, i ricercatori hanno potuto orientare il raggio dell’array. L’hanno puntato su un paio di ricevitori a microonde a circa un avambraccio di distanza e hanno commutato il raggio da un ricevitore all’altro a piacimento, accendendo un led su ciascuno.
Primi test riuscito
La potenza trasmessa era piccola, appena 200 milliwatt, inferiore a quella della luce della fotocamera di un cellulare. Ma il team è stato comunque in grado di dirigere il raggio verso la Terra e rilevarlo con un ricevitore al Caltech. “Era una prova di concetto”, afferma l’ingegnere elettrico del Caltech Ali Hajimiri: “Indica cosa possa fare un sistema del genere”.
“Gli array di trasmissione di potenza flessibili sono essenziali per l’attuale progettazione di Caltech per una costellazione di pannelli solari simili a vele che si dispiegano una volta raggiunta l’orbita”, conclude Sergio Pellegrino, professore di ingegneria aerospaziale e civile e co-direttore di Sspp.