Il progetto Satex è partito il I ottobre 2022, avrà la durata di un anno e, grazie al finanziamento dell’agenzia spaziale tedesca del Dlr (Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt e.V) studierà il tema dei nanosatelliti in utilizzi extraterrestri analizzandone tematiche tecniche, potenzialità e opportunità.
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Il progetto all’Ifex di Würzburg
Del progetto, che sfrutta fondi Ministero federale dell’Economia e della Protezione del clima, se ne occupa l’Interdisciplinary Research Centre for Extraterrestrial Studies (Ifex) in collaborazione con la cattedra di Tecnologia dello Spazio, detenuta dal professor Hakan Kayal, della Julius-Maximilians-Universität Würzburg (Jmu) nel land della Baviera.
Il professor Kayal alla guida
Kayal e il suo team stanno investigando i punti tecnico-scientifici fondamentali che riguardano in modo specifico i nanosatelliti impegnati in missioni al di fuori dell’orbita terrestre dal punto di vista dell’utilizzatore. In second’ordine Satex analizzerà le possibilità tecniche offerte dai nanosatelliti per esplorazioni scientifiche formulando proposte concrete che potrebbero essere implementate per missioni e progetti futuri.
L’esperienza dell’Ifex
L’Ifex ha accumulato già esperienze nella costruzione e nella gestione di nanosatelliti impegnati nelle missioni Sonate e Sonate-2 e sta già analizzando da tempo il nuovo utilizzo di questi dispositivi che, grazie alle loro dimensioni e peso ridotti, permettono di abbattere i costi e di implementare soluzioni innovative, sia se utilizzati in modo indipendente sia per ricoprire un ruolo ancillare rispetto ad satelliti o navicelle più grandi.
Da soli o per accompagnamento
Nel primo caso, gli aspetti legati all’intelligenza artificiale sono particolarmente importanti poiché i tempi di transito del segnale sono lunghi e il satellite deve cavarsela da solo. Nel secondo Kayal cita la missione Hera dell’Esa nella quale sono impegnati due nanosatelliti di costruzione italiana: il LiciaCube e il Milani. Il compito del primo è stato osservare l’impatto della sonda Dart contro l’asteroide Dimorphos, il secondo invece dovrà studiare la morfologia e la composizione dei due corpi rocciosi che compongono l’asteroide doppio.
I 10 nanosatelliti per Artemis
Altro esempio è il Mars Cube One, missione del 2018 composta da due nanosatelliti che hanno fatto da supporto all’atterraggio della sonda InSight su Marte. La Nasa prevede inoltre 10 nanosatelliti da utilizzare sulla Luna nell’ambito del programma Artemis. Il punto nodale è che questi nanosatelliti sono stati realizzati ad hoc per utilizzi governativi e non vi sono ancora commercialmente disponibili componenti specifici.
Farne una questione privata
In pratica: l’industria dei nanosatelliti commerciali per utilizzi orbitali sta esplodendo, ma sul mercato non esistono ancora quelli pronti a supportare missioni private lontane dalla Terra. Da qui la necessità e l’opportunità del progetto Satex che potrebbe individuare le soluzioni tecniche migliori per essere industrializzate e scalabili in modo da stimolare la space economy anche su questo nuovo fronte.
Prepararsi per tempo
“Al momento siamo ancora l’inizio di tali missioni extraterrestri – afferma il professor Kayal – e finora è molto difficile trovare in commercio componenti che sono adatti ad essere installati su nonosatelliti per missioni interplanetarie. Ad ogni modo, possiamo ipotizzare che questa situazione cambierà rapidamente con un numero sempre crescente di missioni riuscite. Sembra dunque sensato investigare in modo sistematico le tecnologie necessarie, le sfide, gli obiettivi potenziali e i benefici di queste missioni con lo scopo di creare solide nasi per l’utilizzo di nanosatelliti in applicazioni extraterrestri”.