Il robot italiano per lavorare nello spazio si chiama Marm (Multi-Arm Relocatable Manipulator) e lo ha sviluppato l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova all’interno di Mirror (Multi-arm Installation Robot for Readying ORUs and Reflectors), progetto finanziato dall’European Space Agency (Esa) che ha l’obiettivo di realizzare strumenti robotici per assistere nello spazio gli astronauti nelle operazioni di routine.
Indice degli argomenti
Insieme a Leonardo e Gmv
Marm è stato progettato e realizzato dallo Humanoid and Human Centered Mechatronics (Hhcm), coordinato da Nikolaos Tsagarakis, in collaborazione con Leonardo e Gmv, da tempo al lavoro insieme per progetti analoghi, il più importante dei quali è sicuramente il Sample Transfer Arm dell’Esa che sarà utilizzato all’interno della missione Mars Sample Return della Nasa.
Team dedicato alla robotica
Dal canto suo, Tsagarakis è il Tenured Senior Scientist and Principal Investigator dell’Hhcm e il suo team si è già occupato del robot umanoide Walk-Man, di Coman e Coman+ e sta lavorando ai robot collaborativi modulari e configurabili Concert, finanziati dall’Unione Europea. L’Hhcm ha in piedi con Leonardo un joint lab e un accordo analogo con Kilometro Rosso, il distretto tecnologico per l’innovazione con sede a Bergamo.
Tre arti per assistere gli astronauti
Marm è una piattaforma robotica per operazioni in ambienti spaziali con microgravità. Ha tre arti che possono essere usati per camminare, muoversi, afferrare e trasportare moduli pesanti all’interno di infrastrutture spaziali con l’intento di assistere gli astronauti nell’assemblaggio e nella manutenzione delle infrastrutture spaziali, mentre sono in orbita o, nel futuro, anche su altri pianeti.
Configurazione raggiunta
Oltre ai tre arti, Marm ha un corpo centrale e un dispositivo di espansione utile sia per l’alimentazione sia per ricevere e spedire dati. Due i criteri chiave che ne hanno guidato la progettazione: la mobilità e la flessibilità. La sua definizione è arrivata dopo aver provato diverse configurazioni e modelli di struttura e, secondo gli esperti dell’Hhcm, garantisce capacità di movimento e trasporto ottimali.
Con o senza gravità
Marm, a differenza di progetti analoghi, ha tutti e tre i bracci connessi ad una base centrale, può muoversi e trasportare oggetti pesanti sia in presenza sia in assenza di gravità, afferrando e strisciando sopra le strutture standard presenti all’interno delle stazioni spaziali, ad esempio i moduli di esagonali che hanno una massa di 12 kg, oppure manipolare le unità di sostituzione orbitale.
Lavori ancora in corso
Il robot dell’Iit è capace di apprendere da solo un’operazione interagendo con l’ambiente circostante attraverso i propri sensori, afferrare un carico o un oggetto da un magazzino, trasportarlo, assemblarlo e posizionarlo nel posto preposto. Il prototipo sarà validato in ogni sua parte attraverso diverse simulazione in vista della versione definitiva, pronta per l’utilizzo nello spazio.
Due mani e senso della posizione
Tra i vantaggi offerti da Marm, la possibilità di utilizzare anche due mani nelle operazioni di assemblaggio e installazione, di eseguire movimenti con tutto il corpo restando in posizione e infine di rimanere ancorato a terra agendo sulla posizione della base centrale così da ridurre le forze trasferite sulle travi delle strutture. Fondamentali anche le ricadute tecnologiche su tutta la ricerca robotica.
Le ricadute per la ricerca robotica
“L’esplorazione spaziale rappresenta un campo di applicazione unico per la robotica – commentano dall’Iit – poiché presenta condizioni, ambienti e opportunità tali da dovere sviluppare piattaforme del tutto nuove. Infatti, se le tecnologie per il controllo, il movimento e la manipolazione di robot sulla Terra sono ad uno stato avanzato, al contrario le condizioni ambientali proprie dello spazio, come per esempio la microgravità, rappresentano ancora una sfida per la comunità scientifica”.