A bordo della missione Nasa della Crew-7, arrivata sulla stazione spaziale internazionale (Iss) a fine agosto, è salita anche l’Università degli studi di Trieste.
Infatti Alessandra Bosutti, del Dipartimento di scienze della vita, dove svolge la sua attività di ricerca nel Laboratorio di biofisica e neurobiologia cellulare guidato dalla professoressa Paola Lorenzon, è coordinatrice del progetto internazionale Nimas (Neuromuscular electrical stimulation to enhance the exercise benefits for muscle functions during spaceflight).
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Obiettivo del progetto Nimas
L’obiettivo di questo progetto è di valutare se la stimolazione elettrica neuromuscolare possa essere uno strumento utile per un migliore adattamento del corpo umano nello Spazio. L’esposizione alla microgravità durante il volo spaziale porta a sostanziali processi di adattamento nel sistema muscolo-scheletrico degli astronauti, caratterizzati dalla perdita di massa muscolare e declino delle capacità di esercizio.
Garantire il mantenimento della forza muscolare durante le missioni spaziali è necessario non solo per sostenere le attività extraveicolari degli astronauti, ma anche per assicurare loro un rapido ed efficiente recupero una volta rientrati sulla Terra.
Benefici per la medicina
In combinazione con le attività aerobiche e di resistenza, la stimolazione elettrica neuromuscolare potrebbe infatti non solo migliorare la funzione muscolare ma anche consentire l’uso di attrezzature più piccole e leggere, riducendo così carico e peso complessivo a bordo. I risultati dello studio potrebbero essere applicati in futuri habitat a gravità ridotta sulla Luna, o in futuro su Marte, e avranno importanti ricadute anche sulla Terra per pazienti anziani o con ridotta mobilità.
Esa e Asi: ruolo cruciale
“Nimas è un esperimento sponsorizzato dall’Agenzia spaziale europea (Esa) che stiamo conducendo in collaborazione con il nostro team internazionale di scienziati provenienti da Germania, Olanda, Svizzera e Regno Unito – spiega Bosutti -. L’esperimento sarà sviluppato con fondi dalle Agenzie spaziali italiana (Asi), tedesca e inglese e prevede di determinare sia l’efficacia della Nmes nel contrastare il declino correlato alla permanenza nello Spazio su massa, metabolismo e funzioni dei muscoli delle gambe degli astronauti, sia l’effetto generale su questi causato dal volo spaziale”.
“Il progetto – conclude la ricercatrice – richiede misurazioni a Terra, prima e dopo il volo, relative all’attività delle funzioni neuromuscolari, alla microcircolazione e ossigenazione muscolare e alle variazioni della massa muscolare delle gambe. Saranno eseguiti anche alcuni prelievi di sangue a terra e a bordo dell’Iss per analisi molecolari”.