Parte oggi la 37ma spedizione del Programma Nazionale di Ricerca in Antartide (Pnra) del quale farà parte anche il progetto Morsea (Marine Observatory in the Ross Sea) dell’Università Parthenope di Napoli. Il Morsea è finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) e l’ateneo napoletano lo coordinerà all’interno del Pnra, gestito dall’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) per la pianificazione e l’organizzazione logistica e dal Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) per la programmazione e il coordinamento scientifico.
La Parthenope sarà quest’anno protagonista del progetto poiché il coordinamento scientifico di tutti i progetti di ricerca svolti durante la campagna oceanografica sarà affidato al professor Pierpaolo Falco che, prima di trasferirsi all’Università Politecnica delle Marche, ha maturato una lunghissima esperienza antartica lavorando proprio a Napoli. Direttamente dall’Università Parthenope provengono invece il professor Pasquale Castagno e i tecnici Arturo de Alteris, Massimo de Stefano e Giovanni Zambardino che si occuperanno delle attività del Morsea.
La missione, dopo una quarantena precauzionale, partirà oggi dalla Nuova Zelanda a bordo della “Laura Bassi” (nella foto), la nave rompighiaccio acquistata dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica (Ogs) con un finanziamento del Mur, e raggiungerà il Mare di Ross che sarà la zona fondamentale per attuare lo studio della dinamica dei mari antartici e del clima globale. La prima operazione prevista dal programma di lavoro consisterà nel recupero dei ‘mooring’, ormeggi galleggianti sui quali sono installati gli strumenti posti in punti di osservazione fissi e che consentono di raccogliere dati durante la lunga notte antartica, quando la superficie del mare è completamente ricoperta di ghiaccio e risultano impossibili sia la navigazione sia le tradizionali campagne oceanografiche.
I ‘mooring’, una volta recuperati gli strumenti, saranno rimessi in acqua per proseguire il loro lavoro. Una novità di quest’anno sarà il recupero e la messa in mare anche dei ‘float’, strumenti che agiscono per anni muovendosi come yo-yo al di sotto dei ghiacci antartici per poi riemergere inviando dati via satellite. Gli strumenti sono stati messi in mare in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs), nell’ambito del programma internazionale Argo. Questi dati rappresentano un’immensa risorsa per la comunità internazionale che potrà osservare in dettaglio l’evoluzione delle caratteristiche dell’intera colonna d’acqua sotto i ghiacci antartici, dal fondale fino allo strato appena sottostante la superficie delle acque che, una volta ghiacciato, rende imperscrutabile l’ambiente marino fino in profondità.