Lonestar ha raccolto 5 milioni di dollari ed è ora pronta a dare corpo al progetto di essere la prima compagnia a posizionare i propri depositi dati e i propri edge computer sulla Luna. Il round è stato condotto da Scout Ventures a capo di una cordata composta da Seldor Capital, 2 Future Holding, The Veteran Fun, Irongate Capital, Atypical e KittyHawk Ventures.
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Prima sperimentazione ok
Con questi denari l’azienda di St Petersburg, nello stato americano della Florida, è pronta a inviare il prossimo giugno sull’Astro d’Argento il primo modulo di elaborazione e stoccaggio dati sulla Luna dopo la prima sperimentazione condotta con successo sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) a cavallo del 2021 e 2022. Il modulo viaggerà su un Falcon 9 attraverso il Commercial Lunar Payload Services (Clps), programma sviluppato dalla Nasa nell’ambito di Artemis con Astrobotic, Draper, Firefly Aerospace e Intuitive Machines.
Un kg per 16 TB di dati
Quest’ultima ha la titolarità della missione, denominata Im-1, e farà atterrare il piccolo modulo di Lonestar, che pesa 1 solo kg e ha una capacità di 16 TB, tra le Marius Hills e l’Oceanus Procellarum insieme ad altri payload. Tra questi strumenti avanzati, la scultura di Jeff Koons denominata Art Cube, una piastra di protezione della società di abbigliamento sportivo Columbia che sfrutta la stessa tecnologia Omni-Heat Infinity utilizzata sui suoi capi ed infine l’archivio informatico Lunaprise che contiene lunagrammi ovvero dati, immagini e storie che raccontano l’umanità.
Il primo data center nel 2026
Intuitive Machines fornirà anche il proprio lander Nova-C e svolgerà con la Lonestar i primi test di incameramento e trasmissione dati. Un secondo modulo di questo tipo raggiungerà la Luna entro la fine dell’anno seguito da altri decisamente più grandi e potenti. I primi due moduli fungeranno da proof-of-concept, ma Lonestar prevede di stabilire il primo data center lunare entro il 2026. L’obiettivo è che abbia un ciclo di vita compreso tra 15 e 20 anni, pari a quello di un satellite geostazionario.
Dalla Luna alla Terra
Lo scopo primario di questi data center non è però supportare la colonizzazione umana della Luna, bensì governi, aziende e centri di ricerca sulla Terra dove i grandi data center hanno bisogno di enormi quantità di energia per funzionare e mantenere la temperatura operativa ideale. Al contrario, la soluzione di Lonestar sfrutta il calore generato dall’hardware di gestione ed elaborazione per tenere tutto alla giusta temperatura con un’efficienza energetica impensabile sulla Terra e costi inferiori.
I quattro fondatori
L’idea, che anche altre aziende stanno seguendo, è di quattro esperti del campo provenienti sia dall’industria sia dalla finanza: Chris Stott che è anche il ceo, cofondatore di ManSat e che ha lavorato per 20 anni nelle regolamentazioni e negli standard sulle bande di trasmissione, Mark Matossian con un passato in Iceye, Calor Goldstein che proviene da Abn Amro e Morgan Stanley e infine Del Smith, ex senior specializzato nello spazio della società di consulenza legale Dentons.
Un potenziale da 200 miliardi
Il modulo che andrà sulla Im-1 è fornito dalla Skycorp sfruttando le tecnologie già sperimentate con successo sulla Iss insieme alla britannica Canonical e all’americana Redwire. Lonestar punta ad un mercato che, nelle previsioni sue e di altri analisti, ha un potenziale da 200 miliardi di dollari. Si punta dapprima a servizi di recupero in caso di disastro naturale sulla Terra, ma l’obiettivo è fornire in modo stabile le sempre più numerose attività ad alta intensità di dati ed elaborazione.
Il satellite più affidabile
“La Luna è una piattaforma fantastica per fare questo. Non ci sono clima cambiamenti climatici e l’energia rinnovabile è illimitata” ha spiegato Stott, concetto ribadito da Brad Harrison, fondatore di Scout Ventures. “Crediamo che l’espansione dell’economia mondiale comprenda anche la Luna, che si dia il caso è il satellite terrestre più stabile ed è il prossimo foglio bianco della space economy. La sicurezza e lo stoccaggio dei dati sarà una parte necessaria che guiderà l’esplorazione lunare di prossima generazione”.