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Cibo spaziale, uno spuntino a base di microalghe



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Nonostante i sistemi di coltivazione di piante superiori siano i più utilizzati, l’integrazione di processi basati sulle microalghe rappresenta una valida alternativa. Ecco perché

Pubblicato il 6 ago 2024



Space Economy, Italia, Europa

L’esplorazione dello spazio oltre la bassa orbita terrestre e le missioni a lungo termine richiedono una completa autonomia dalla Terra per l’approvvigionamento di ossigeno, acqua dolce e cibo. Questa sfida può essere affrontata solo attraverso lo sviluppo di sistemi biorigenerativi (Blss) innovativi in grado di combinare la rigenerazione di ossigeno e acqua alla produzione di cibo, includendo almeno un compartimento biologico per la produzione di biomassa edibile. Nonostante i sistemi di coltivazione di piante superiori siano i più utilizzati, l’integrazione di processi basati sulle microalghe rappresenta una valida alternativa. La coltivazione delle microalghe in fotobioreattori alimentati con substrati dedicati e/o acque reflue, consente infatti una serie di vantaggi: grazie alla fotosintesi si ricava ossigeno e si rimuove anidride carbonica (CO2), si ha a disposizione una fonte continua di cibo con elevate proprietà nutrizionali e, non ultimo, si può praticare il riciclo dell’acqua con il recupero di risorse preziose nell’urina, come l’azoto e il fosforo.

Le microalghe

Le microalghe (cianobatteri, diatomee e microalghe eucariotiche) sono organismi unicellulari fotosintetici, dal diametro di 1-100 micron, ubiquitari negli ambienti acquatici naturali e artificiali. Grazie al loro metabolismo altamente versatile, riescono a adattarsi facilmente a condizioni estreme, quali la gravità alterata, le radiazioni ionizzanti, l’essiccazione. La diversità delle microalghe in natura è enorme – ne esistono 105-106 specie – ma tuttora i generi maggiormente utilizzati per fini commerciali sono Chlorella, Spirulina (Arthrospira/Limnospira), Dunaliella, Haematococcus e Schizochytrium. In ambito spaziale, vari progetti di ricerca e sviluppo tecnologico, tra cui MELISSA, BIOS, CyBLiSS, SIMBOX, si sono focalizzati su Spirulina, Chlorella, Euglena, Chroococcidiopsis, Synechocystis e Synechococcus, e sulle loro potenzialità per la rigenerazione di aria e produzione di cibo. La realizzazione e l’implementazione sulla Stazione Spaziale Internazionale di fotobioreattori dal design innovativo, quali Artemiss e PBR@LSR, ha permesso la coltivazione di Spirulina e Chlorella per periodi prolungati (2-4 settimane) direttamente in microgravità fornendo informazioni fondamentali sui tassi di crescita e sulle condizioni di coltivazione. Grazie a questi esperimenti, ma anche al progresso nel campo delle microalghe in altri settori, è stato evidenziato che la produttività di biomassa commestibile delle microalghe è più elevata rispetto a quella delle piante superiori, in quanto richiedono una minore superficie/volume per la coltivazione, possono essere raccolte continuamente e sono completamente commestibili.

Le microalghe sono note per l’elevato potere nutrizionale dovuto al contenuto in nutrienti e per le preziose proprietà funzionali legate alla presenza di composti bioattivi. La biomassa microalgale è caratterizzata da carboidrati (8-20%), proteine (40-60%) e lipidi (5-24%), vitamine essenziali, tra cui A, C, B1, B3 e B12, e pigmenti, il cui contenuto è specie-dipendente e varia in funzione delle condizioni di crescita. Queste caratteristiche le rendono estremamente interessanti per varie applicazioni nell’industria alimentare, nutraceutica, cosmetica e farmaceutica, ma anche per le applicazioni spaziali. Infatti, è stato stimato che l’assunzione di Chlorella vulgaris sarebbe sufficiente a soddisfare il fabbisogno calorico giornaliero e di macronutrienti di un astronauta, (composto da 3.000 ± 150 kcal, di cui circa il 12–15% da proteine, 50–55% da carboidrati e 30–35% da grassi), mentre l’inserimento di Spirulina nel regime alimentare dell’equipaggio fornirebbe una fonte alternativa di proteine, ferro, acido γ-linolenico, vitamine (B12) e fitopigmenti, con proprietà antinfiammatorie e antiossidanti fondamentali per contrastare le patologie legate all’esposizione dell’uomo alle condizioni spaziali.

I composti bioattivi, come i fenoli, flavonoidi, carotenoidi, presenti nelle microalghe sono infatti potenti antiossidanti, antitumorali e antimicrobici. Ad esempio, gli effetti benefici dell’astaxantina e la fucoxantina, carotenoidi appartenenti alla classe della xantofilla, sono stati dimostrati in molte patologie, tra cui le malattie cardio-vascolari, il diabete di tipo 2, l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, l’obesità, e l’osteoporosi, oltre che per la foto-protezione e prevenzione dell’invecchiamento della pelle da radiazioni ultraviolette.

L’impiego delle microalghe in ambito spaziale è ancora alle prime fasi, ma uno spuntino a base di alghe si candida già come uno dei must have degli equipaggi del futuro!

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