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Distretti aerospaziali, il Mimit studia una strategia



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Si punta a sfruttare il potenziale delle realtà territoriali nel loro ruolo di laboratori di innovazione e sviluppo, fondamentali per la crescita delle piccole e medie imprese. Ma sarà fondamentale un approccio coordinato e inclusivo anche e soprattutto per attrarre investimenti

Pubblicato il 22 lug 2024



ITALIA

Nei corridoi del Ministero dell’Impresa e del Made in Italy (Mimit) cresce l’interesse verso i cluster e i distretti italiani dell’aerospazio, considerati come portatori di idee e istanze su cui lavorare in una chiave open. L’idea è quella di sfruttare queste realtà come laboratori di innovazione e sviluppo, fondamentali per la crescita delle piccole e medie imprese italiane, che rappresentano l’ossatura strategica anche per i grandi system integrators come Thales Alenia Space, Leonardo e altri colossi internazionali.

I distretti spaziali italiani: una panoramica

L’Italia vanta numerosi distretti spaziali distribuiti su tutto il territorio nazionale. Tra i più significativi troviamo il Piemonte, un esempio virtuoso con un hub che promuove un dialogo continuo tra tutti gli attori del territorio. Il numero degli iscritti è in costante aumento sotto la guida della presidente Fulvia Quagliotti. La Puglia, presieduta da Giuseppe Acierno, si distingue per la sua organizzazione e capacità di attrarre investimenti. La Campania, con Luigi Carrino alla presidenza, è un altro esempio di successo nel settore aerospaziale.

Queste aggregazioni, tuttavia, presentano caratteristiche peculiari differenti e non sono uniformi a livello statutario e giuridico, un limite che potrebbe essere superato con una maggiore armonizzazione. L’Italia deve puntare a una clusterizzazione più virtuosa, collaborando con associazioni come Aipas e Aiad, per offrire maggiore supporto alle pmi. Un maggior coinvolgimento dei distretti potrebbe tradursi in una maggiore attrazione di investimenti, possibilità di collaborazione e crescita dell’innovazione.

Le reti regionali

Accanto ai distretti e cluster, in alcune regioni italiane esistono le reti regionali. Queste reti, sebbene orientate alla ricerca, presentano limiti dovuti alla loro eccessiva verticalità.

Le reti regionali sono state create per promuovere l’innovazione e la ricerca nelle regioni italiane, ma presentano diversi limiti che ne ostacolano l’efficacia. Questi limiti possono essere analizzati sotto vari aspetti, tra cui la governance, la frammentazione delle iniziative, la verticalità delle strutture, la mancanza di integrazione con il tessuto industriale locale e le difficoltà nel trasferimento tecnologico.

Uno dei principali problemi delle reti è la gestione centralizzata che spesso non riflette le specifiche esigenze e le peculiarità delle realtà locali. La governance di queste reti tende a essere burocratica, con decisioni prese a livello regionale senza un adeguato coinvolgimento degli attori locali, come le pmi, le università e i centri di ricerca. Questo può portare a una mancanza di coordinamento e a decisioni che non rispondono efficacemente alle necessità del territorio.

Le reti regionali soffrono di una frammentazione delle iniziative, con progetti che spesso non sono coordinati tra loro. Questa frammentazione può portare a duplicazioni di sforzi, dispersione di risorse e mancanza di sinergie tra i vari attori coinvolti. Ad esempio, diverse università o centri di ricerca possono lavorare su progetti simili senza collaborare, perdendo così l’opportunità di creare un valore aggiunto più significativo attraverso la condivisione delle conoscenze e delle risorse.

Un altro grande limite delle reti è la loro eccessiva verticalità. Le reti tendono a concentrarsi su settori specifici della ricerca e dell’innovazione, senza considerare l’interdisciplinarietà e la necessità di integrare diverse competenze e tecnologie. Questa verticalità può limitare la capacità delle reti di rispondere alle sfide complesse e multidimensionali dell’innovazione moderna, che richiedono un approccio più olistico e integrato.

Le reti regionali spesso non riescono a integrarsi adeguatamente con il tessuto industriale locale. Questo è particolarmente problematico in settori come l’aerospazio, dove l’innovazione tecnologica deve essere strettamente collegata alle applicazioni industriali. La mancanza di integrazione può derivare da una scarsa comunicazione tra i centri di ricerca e le imprese, dalla difficoltà delle pmi di accedere alle risorse e alle competenze delle reti e dalla mancanza di incentivi per la collaborazione tra i vari attori.

Uno degli obiettivi principali delle ret è il trasferimento tecnologico, ovvero la capacità di trasformare i risultati della ricerca in prodotti e processi innovativi che possano essere utilizzati dalle imprese. Tuttavia, molte reti regionali faticano a raggiungere questo obiettivo. Le cause possono essere molteplici: dalla mancanza di competenze specifiche nel trasferimento tecnologico alla carenza di infrastrutture adeguate, fino alla difficoltà di accesso ai finanziamenti necessari per sviluppare e commercializzare nuove tecnologie.

Il ruolo delle università e dei centri di ricerca

Le università e i centri di ricerca sono attori chiave nelle reti regionali, ma il loro ruolo spesso non è adeguatamente valorizzato. Questi enti possono essere isolati dal mondo industriale, con pochi incentivi a collaborare con le imprese e a orientare la loro ricerca verso applicazioni pratiche. Inoltre, le strutture di governance delle reti possono non prevedere un coinvolgimento attivo delle università nella definizione delle strategie e nella gestione dei progetti, limitando così il loro contributo all’innovazione regionale.

L’uso dei fondi Por Fesr

L’uso dei fondi Por-Fesr non dovrebbe limitarsi alle attività di finanza agevolata e a fondo perduto, una pratica tipicamente italiana. Al contrario, dovrebbe espandersi verso attività di investimento attraverso le Finanziarie Regionali. Ad esempio, si potrebbe considerare la sottoscrizione di minibond, strumenti finanziari che possono aiutare le pmi a reperire risorse, oppure il coinvestimento in fondi di investimento, inclusi fondi di private equity, data la numerosa presenza di pmi.

Questo approccio mira a creare un ambiente più dinamico e favorevole agli investimenti e all’innovazione, facilitando la crescita e lo sviluppo delle pmi attraverso strumenti finanziari più sofisticati e collaborazioni strategiche, soprattutto vista la specificità delle aziende tecnologiche e deep tech, come quelle nel settore aerospaziale.

Il ruolo del Mimit: uniformare e rafforzare i distretti

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha la possibilità di giocare un ruolo cruciale nel superare i limiti delle reti intelligenti regionali e nel rafforzare i distretti aerospaziali italiani. Ecco alcune delle azioni che il ministero potrebbe intraprendere.

Per migliorare l’efficacia delle reti regionali, è essenziale promuovere una governance partecipativa che coinvolga attivamente tutti gli attori del territorio, incluse le pmi, le università, i centri di ricerca e le grandi imprese. Questo approccio può favorire una maggiore coerenza tra le strategie regionali e le esigenze locali, migliorando la capacità delle reti di promuovere l’innovazione e il trasferimento tecnologico.

Il Mimit potrebbe introdurre incentivi per promuovere la collaborazione tra le reti regionali e il tessuto industriale locale. Questi incentivi potrebbero includere finanziamenti per progetti congiunti, agevolazioni fiscali per le imprese che collaborano con le università e i centri di ricerca, e programmi di formazione per sviluppare competenze specifiche nel trasferimento tecnologico.

Per superare la verticalità delle reti regionali, il Mimit potrebbe favorire la creazione di hub interdisciplinari che integrino diverse competenze e tecnologie. Questi hub potrebbero fungere da piattaforme di collaborazione tra settori diversi, promuovendo un approccio olistico all’innovazione e facilitando la risposta alle sfide complesse del settore aerospaziale.

Uniformare le strutture giuridiche e statutarie dei distretti e dei cluster potrebbe ridurre la frammentazione e migliorare la coerenza delle iniziative. Il Mimit potrebbe promuovere l’adozione di modelli di governance standardizzati che facilitino la collaborazione tra i vari attori e migliorino la rappresentatività delle reti.

Le azioni da mettere in campo

Il futuro dei cluster italiani e delle reti regionali dipende dalla capacità di superare i limiti attuali e di promuovere una maggiore integrazione e collaborazione tra ricerca e industria. Il Mimit ha un ruolo cruciale in questo processo, con la possibilità di guidare l’armonizzazione delle strutture e di incentivare la partecipazione attiva di tutti gli attori del territorio. Solo attraverso un approccio coordinato e inclusivo sarà possibile sfruttare appieno il potenziale delle reti regionali e dei distretti aerospaziali, favorendo l’innovazione, l’attrazione di investimenti e la crescita economica del paese.

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