Una volta in orbita Artemis 1 metterà alla prova il gigantesco razzo Sls e la capsula Orion, in vista del primo volo con astronauti di Artemis 2 e l’allunaggio di Artemis 3. Ma oltre a svolgere questi cruciali test per preparare la nuova esplorazione umana della Luna, Artemis 1 porterà con sé anche il cosiddetto “carico secondario”, che però in questo caso è particolarmente prezioso. Si tratta di 10 cubesat, piccoli satelliti grandi più o meno quanto una scatola da scarpe che svolgeranno diverse missioni tecnico-scientifiche.
Abbiamo parlato più volte dell’italiano ArgoMoon, l’unico nanosatellite europeo selezionato dalla Nasa per viaggiare a bordo del volo inaugurale dello Space Launch System. Oltre al cubesat made in Italy, partiranno anche 7 cubesat americani e 2 giapponesi. Il razzo statunitense è potenzialmente in grado di ospitare 17 nanosatelliti, ma Artemis 1 ne trasporterà appunto una decina.
Ecco dunque la squadra al completo dei cubesat che voleranno verso il nostro satellite a bordo dello Space Launch System, già pronto in rampa di lancio.
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Lunar IceCube
In tre parole, lo slogan di questo cubesat è Follow the water. Sviluppato dalla Morehead State University in collaborazione con il Goddard Space Flight Center della Nasa e la Busek Company, Lunar IceCube è progettato per ‘fiutare’ l’acqua e altre risorse utili sulla Luna. Questo aiuterà le future missioni umane sul nostro satellite, per sfruttare al meglio le risorse in situ presenti sulla superficie lunare.
LunaH-Map
Il Lunar Polar Hydrogen Mapper (LunaH-Map) è un cacciatore di idrogeno in miniatura. Progettato da ricercatori e studenti dell’Arizona State University, il cubesat ha l’obiettivo di studiare le abbondanze di idrogeno nelle zone in ombra della Luna. Sorvolerà la Luna fino a una distanza tra circa 5 e 10 chilometri dalla sua superficie, e costruirà una mappa dell’idrogeno lunare su una scala spaziale di circa 10 chilometri.
LunIR
Anche LunIR, il cubesat realizzato da Lockheed Martin, sorvolerà la Luna mappandone la superficie. Il suo obiettivo sarà però più legato alla caratterizzazione della superficie del nostro satellite, in modo da fornire dati aggiuntivi per la valutazione dei siti di allunaggio delle future missioni lunari con equipaggio.
Omotenashi
In giapponese significa ‘ospitalità’. E ad ospitarlo sarà la Luna stessa: il cubesat, sviluppato dall’agenzia spaziale Jaxa, invierà un nanolander da 1 chilogrammo sulla superficie lunare. Questo lander in minuatura misurerà la radiazione della superficie del nostro satellite e ne studierà la meccanica del suolo utilizzando accelerometri. Omotenashi (Outstanding Moon exploration Technologies demonstrated by Nano Semi-Hard Impactor) vuole dimostrare che i futuri lander lunari potranno essere di ogni dimensione e costo.
Equuleus
Sempre realizzato dalla Jaxa, in collaborazione con l’Università di Tokyo, c’è il cubesat EQUilibriUm Lunar-Earth point 6U Spacecraft (Equuleus). Il suo obiettivo sarà quello di analizzare le radiazioni spaziali intorno alla Terra. Oltre ad aiutare a comprendere meglio le tecniche di controllo delle traiettorie a bassa energia e i flyby lunari nella regione Terra-Luna, Equuleus potrebbe fornire informazioni cruciali per proteggere l’elettronica e gli astronauti durante le missioni spaziali di lunga durata.
Biosentinel
Legato alla salute degli astronauti c’è anche Biosentinel, cubesat realizzato dall’Ames Research Center della Nasa che punta a comprendere meglio l’effetto delle radiazioni sugli organismi nello spazio. La missione utilizzerà un ingrediente molto noto qui sulla Terra: il lievito, che fungerà da ‘organismo modello’ per capire come le radiazioni ad alta energia possano danneggiare il Dna.
Nea Scout
La Luna non sarà l’unico oggetto di studio dei cubesat di Artemis 1. Nea Scout, sviluppato dalla Nasa, andrà a esplorare i cosiddetti Near-Earth asteroids, gli asteroidi vicini al nostro pianta. Il nanosatellite si dispiegherà dallo Spache Launch System dopo il rilascio di Orion, iniziando così un viaggio di due anni che lo porterà verso un asteroide bersaglio. Elemento chiave della missione è la vela solare, realizzata con un materiale sottile e leggero che sfrutterà i fotoni del Sole per spingere il cubesat a destinazione.
CuSP
Tra i cubesat targati Nasa c’è anche CuSP, che punta a studiare le particelle solari. In particolare, il nanosatellite analizzerà le radiazioni provenienti dal Sole, come i venti solari e gli altri fenomeni che possono avere un impatto sulle telecomunicazioni terrestri. CuSP sarà inoltre il progetto pilota per valutare la fattibilità di una rete di cubesat per il monitoraggio del clima spaziale.
Team Miles
Questo cubesat è la dimostrazione delle potenzialità della citizen science, la scienza fatta dai cittadini che in questo caso sono arrivati fino alla rampa di lancio di Artemis 1. Team Miles, vincitore della CubeQuest Challenge della Nasa, è stato realizzato da un gruppo guidato da Wesley Faler, Ceo di Miles Space, con l’obiettivo di testare innovativi propulsori a plasma e iodio. Il nanosatellite viaggerà nello spazio profondo a circa 96 milioni di chilometri dalla Terra, su una traiettoria verso Marte. Viaggiando più lontano di qualsiasi altro veicolo di queste dimensioni, il cubesat metterà alla prova anche il suo software per le comunicazioni radio con la Terra.
ArgoMoon
Infine a rappresentare l’Europa tra i 10 cubesat in viaggio con Artemis 1 c’è il già citato Argomoon, cubesat dell’Agenzia Spaziale Italiana realizzato dalla torinese Argotec. Il nanosatellite fungerà da osservatore spaziale d’eccezione: il suo compito sarà quello di fornire alla Nasa le immagini significative a conferma della corretta esecuzione delle operazioni del vettore Sls, che al momento del rilascio dei cubesat non potrà inviare segnali verso Terra. Altra finalità tutta italiana sarà quella di mettere alla prova diverse tecnologie per future applicazioni legate ai nanosatelliti, settore su cui il nostro paese sta scommettendo sempre di più.