A poco più di un anno dall’insediamento della nuova Commissione europea, si sarebbe potuto iniziare a trarre delle prime conclusioni sul rinnovato interesse mostrato verso lo spazio e la politica spaziale. Purtroppo, a causa della pandemia di Covid19 è rimasto ancora tutto nel cassetto, ma due presupposti sono sembrati subito molto interessanti.
La prima novità della nuova Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen è stata la creazione di una Direzione Generale (DG), ossia un nuovo “ministero” all’interno dell’esecutivo europeo, dedicata a Difesa, Industria e Spazio (Defis), che dimostra la volontà di dare maggiore importanza allo Spazio. Defis è nata come un distaccamento della massiccia DG Grow, “ministero” che si occupa delle politiche per il mercato interno, l’industria e le Pmi, e sono entrambe sotto la responsabilità del Commissario francese Thierry Breton. È evidente la connessione che si vuole creare tra lo spazio e l’industria, con l’obiettivo di sfruttare la “space economy”, ossia la catena di valore che dalla realizzazione di infrastrutture spaziali abilitanti, arriva a quei servizi sulla terra offerti grazie alle infrastrutture spaziali stesse. Ad oggi si parla di un valore di oltre 300 miliardi di dollari e in vent’anni esso potrebbe raggiungere i mille miliardi. A questo legame viene però accostata anche la difesa, riconoscendo come lo spazio sia un territorio che non può essere visto come semplice ambito civile e tecnologico.
Una seconda mossa è stata la creazione dell’Agenzia Europea per lo Spazio (Euspa), che però ha già generato delle tensioni tra Esa ed Ue, sia riguardo alla scelta del nome, ritenuto dall’Esa troppo simile al proprio, sia riguardo alle competenze che l’Euspa dovrebbe assumere, poiché sostanzialmente verrebbero trasferite alla nuova “creatura” togliendole all’Esa. Del resto, questo era un problema già emerso in seguito ad una comunicazione della Commissione del 2012 che da alcuni fu interpretata come il tentativo dell’Ue di assumere il controllo dell’Esa (in realtà, un’eventuale integrazione dell’Esa nell’architettura dell’Ue era stata più volte auspicata: a tal proposito, uno dei più noti documenti è il cosiddetto “Three Wise Men Report” intitolato “Towards a space agency for Europe” del 2000). Seguì, infatti, una situazione di stallo tra il 2012 e il 2018 durante la quale non si ebbero più le riunioni dello Space Council, prova di evidenti nodi irrisolti nelle relazioni Esa-Ue.
Ad oggi, il nuovo Direttore Generale dell’Esa Aschbacher, che il primo marzo ha assunto ufficialmente l’incarico, ha introdotto tra le sue priorità quella di meglio definire le relazioni Esa-Ue, il che fa presupporre una più precisa definizione delle competenze tra le due, anche alla luce della creazione dell’Euspa. Inoltre, il clima collaborativo creatosi durante l’ultima Space conference di Bruxelles dello scorso gennaio fa presupporre che le due cercheranno e troveranno il miglior compromesso per continuare a collaborare, sebbene, al momento, delle tensioni continuino ad esserci come dimostrato dall’ancora mancata conclusione del Financial Framework Partnership Agreement (Ffpa), strumento fondamentale per l’operatività dell’Esa.
Nonostante ciò, la creazione dell’Euspa è potenzialmente un decisivo passo in avanti (a livello di Ue) sull’importanza dello spazio e dei programmi spaziali per la nostra società e un importante tentativo di meglio coordinare i programmi spaziali europei attraverso un approccio più coerente, obiettivo che l’Ue si è sempre posta in questo campo. Se si riesce a raggiungere un accordo condiviso, in particolare sulla ripartizione delle competenze, la cooperazione tra le due potrebbe essere efficace e vantaggiosa, nell’interesse di tutti. Ciò che resta da capire è il contenuto di tale accordo e soprattutto quali saranno i confini di azione dell’Euspa: se quest’ultima finirà per essere una semplice appendice burocratica che si limiterà a produrre “dichiarazioni d’intenti” sulla politica spaziale dell’Ue, difficilmente potrà definirsi utile. Allo stesso modo, finché l’accesso allo spazio rimarrà in capo solamente all’Esa, per quanto ci possa essere una collaborazione e un confronto su quali programmi portare avanti, l’ultima parola sarà sempre dell’Esa.
Al momento non sembra esserci una “formula magica” sulla ripartizione di competenze tra le due realtà che possa funzionare di sicuro. Probabilmente, almeno per ora, la creazione dell’Euspa (insieme alla DG Defis) è principalmente un segnale della volontà della Ue di ampliare la propria sfera di influenza sulle politiche per lo spazio, la difesa e su tutto il downstream della space economy, un settore che non potrà essere sottovalutato per il futuro. A livello operativo, invece, come spesso accade, sarà più difficile mandare a regime un ruolo preminente della Ue in merito. Si tratta di trovare i soliti equilibri intergovernativi, su materie di spiccata sovranità nazionale e addirittura su un doppio livello: tra gli Stati membri dell’Ue e tra i membri dell’Esa. Non certo un’impresa facile.