L’articolo è tratto dal nuovo numero di Spazio 2050: Smalsat Revolution (tutto sui nanosatelliti)
Alcor e Mizar sono due stelle della costellazione dell’Orsa Maggiore che insieme formano una delle binarie visuali più famose del cielo. Alcor, anche nota con il nomignolo di “piccolo cavaliere”, è la più piccola delle due che generalmente passa inosservata a causa di Mizar, che le ruba la scena. Solo una vista acuta permette di vederle entrambe tanto che, in un antico testo persiano del X secolo, si narra di vedette e soldati che venivano scelti proprio fra coloro in grado di distinguere le due stelle. Ed è proprio da questo aneddoto che nasce l’idea di chiamare Alcor uno dei programmi più innovativi dell’Agenzia Spaziale Italiana, un progetto che guarda lontano, a quel futuro dello spazio sempre più caratterizzato dall’interesse verso satelliti di piccole dimensioni chiamati in gergo nanosatelliti: un concentrato di alta tecnologia spaziale in un paio di decine di kg contro le tonnellate dei satelliti tradizionali.
Indice degli argomenti
L’evoluzione dello scenario
L’attenzione verso questa classe di satelliti è cresciuta nel corso degli anni, sulla base di una serie di fattori che, lavorando in sinergia, ne hanno reso la realizzazione, il lancio e le operazioni sempre più accessibili e low cost. A giocare un ruolo fondamentale in questo senso, sono stati la miniaturizzazione dei componenti e dei sottosistemi, lo sviluppo dello standard CubeSat, l’utilizzo di componentistica commerciale (Cots) e occasioni di lancio più frequenti ed economiche grazie allo sviluppo di sistemi di trasposto spaziale commerciali.
Micro e nano satelliti: giro d’affari da 8,7 miliardi al 2030
La società di ricerche di mercato Allied Marked Research prevede che il settore dei micro e nanosatelliti, che non ha subito contrazioni neanche negli anni della pandemia, raggiungerà nel 2030 un valore di mercato pari a 8,69 miliardi di dollari. La concezione di nuove applicazioni e servizi spaziali basati su piattaforme nanosatellitari ha infatti trovato negli anni l’interesse di un numero sempre maggiore di nuovi soggetti sviluppatori, utilizzatori e finanziatori non tradizionalmente legati al mercato spaziale come piccole medie imprese, centri di ricerca, università e Paesi in via di sviluppo, contribuendo in maniera determinante al fenomeno della democratizzazione dello spazio e diventando utili strumenti nei tavoli delle diplomazie spaziali di tutto il mondo.
Il programma Alcor
Alcor nasce dall’idea di creare un programma continuativo dedicato ai nanosatelliti che agisca da incubatore tecnologico, dando l’opportunità, a chi ha nuove idee o a chi è alla ricerca di nuovi servizi, di sviluppare almeno il primo prototipo per poi poter portare avanti il proprio business in un’ottica fortemente customer oriented individuando, in autonomia, i potenziali utilizzatori tra una grande varietà di attori, tra cui le istituzioni come la Difesa e la Protezione Civile. Il programma, finalizzato a porre la nostra comunità spaziale in una condizione di leadership sia a livello europeo che internazionale, ha iniziato a prendere forma a luglio 2021, a seguito della selezione di venti missioni altamente innovative di cui ad oggi, se ne contano undici pienamente avviate e nove ai blocchi di partenza.
Le 20 missioni di Alcor
Le venti missioni di Alcor, non solo coprono tutti i principali domini applicativi del settore spaziale come l’osservazione della Terra, le telecomunicazioni, l’in orbit servicing, la space sustainability, l’astrofisica e l’esplorazione dell’universo, ma inglobano anche tutte le tendenze emergenti osservate negli ultimi anni quali ad esempio l’uso di costellazioni dotate di capacità di cooperazione fra i singoli satelliti sempre più performanti, l’impiego di sistemi di propulsione miniaturizzati, un aumento della potenza disponibile e della capacità di trasmissione dei dati a terra, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per l’elaborazione dei dati a bordo, l’impiego di sistemi di deorbiting attivi e passivi, nuove soluzioni high-tech per le antenne pieghevoli ed infine un maggiore utilizzo di nanosatelliti per l’esplorazione dello spazio.
Osservazione della Terra
Vediamole più da vicino queste venti missioni del programma Alcor, iniziando dalle quattro dell’osservazione della Terra, che avendo come target le orbite basse terrestri, note con l’acronimo di Leo (300-1000 km), risultano storicamente il dominio applicativo con più heritage per il settore dei nanosatelliti. In questo contesto l’elemento emergente è sicuramente quello legato alla riduzione dei tempi di rivisita a basso costo ottenibile con le costellazioni, mentre i limiti maggiori sono quelli intrinsecamente legati alla miniaturizzazione dei payload e delle piattaforme: bassa risoluzione delle immagini, limitate potenze in gioco e ridotta capacità di trasmissione dei dati a terra. Le missioni di Alcor implementano varie strategie per il superamento di questi limiti, a partire da Saturn e Rodio che utilizzano uno sciame di CubeSats per realizzare un’antenna radar ad apertura sintetica Sar distribuita e riconfigurabile grazie ad un’opportuna combinazione di segnali provenienti da ciascun nodo dello sciame, con diverse scelte tecnologiche e architetturali per ciascuna delle due missioni. EarthNext invece, punta a sfruttare le potenzialità offerte dalla vicinanza alla Terra di un CubeSat progettato per operare ad altitudini molto basse, comprese tra 300 e 350 km, ed equipaggiato con un propulsore elettrico ed una telecamera multispettrale. Strategia diversa per Vulcain che dimostrerà in orbita la capacità di ottenere immagini stereoscopiche della Terra, sia nell’infrarosso (Vnir) che nel visibile (Vis), per il monitoraggio dell’attività vulcanica e delle zone costiere sfruttando il volo in formazione di due CubeSats dotati di propulsione elettrica.
Telecomunicazioni
Quello delle telecomunicazioni è un altro settore in cui l’utilizzo di costellazioni di satelliti di piccole dimensioni può portare grande vantaggio, in virtù della capacità di offrire una copertura ubiqua del globo a basso costo da orbite Leo, fermo restando la necessità di superare gli stessi limiti evidenziati per le missioni di osservazione della Terra. In Biss l’aumento della potenza disponibile e della capacità di downlink saranno garantite dallo sviluppo di soluzioni innovative implementate a bordo di un CubeSat che costituirà il primo prototipo per una futura costellazione che si pone come obiettivo quello di fornire un servizio di internet of things (IoT) compatibile sia con la rete terrestre che con quella satellitare. Il servizio potrebbe trovare un utile applicazione nel monitoraggio di infrastrutture critiche nazionali ma anche nel settore della logistica, dell’agricoltura e dei trasporti marittimi, solo per citarne alcuni. Obiettivo simile per Pico-IoT che dimostrerà in orbita un concetto di costellazione di picosatelliti, ciascuno con una massa pari a meno di mezzo chilo, per il recupero di pacchetti compatti di dati IoT trasmessi attraverso una rete distribuita di sensoristica distribuita a terra. La costellazione sarà inoltre concepita in modo da consentirne un dispiegamento rapido, efficace ma al tempo stesso aderente alle normative sulla non proliferazione dei detriti spaziali. La terza missione di telecomunicazioni, denominata Sails, è dedicata alla realizzazione di un sistema autonomo di identificazione e localizzazione da imbarcare su un CubeSat, potenzialmente utile per un’ampia gamma di applicazioni come il monitoraggio dei detriti spaziali, la navigazione e il supporto alle manovre di rendez-vous e collision avoidance.
Le missioni fino a qui descritte hanno come target le orbite Leo, ma negli ultimi anni è fortemente cresciuto l’interesse per l’impiego dei nanosatelliti anche in spazio profondo, settore nel quale l’agenzia spaziale italiana può vantare il recentissimo successo del piccolo satellite LiciaCube che, primo in Europa, è riuscito a raggiungere lo spazio profondo testimoniando con successo l’impatto della sonda madre Dart della Nasa contro il piccolo asteroide Dimorphos. Un successo tutto italiano, che lascia ben sperare per le due missioni di esplorazioni planetaria del programma Alcor, denominate Taste ed Anime. La prima di queste missioni validerà in orbita tecnologie abilitanti per l’esplorazione robotica di una delle lune marziane imbarcate su una piattaforma Cubesat-in-Cubesat, composta da un orbiter e da un lander. La seconda invece esplorerà, da un’orbita eliocentrica situata nello spazio profondo, tre Near-Earth-Asteroids (Nea), particolarmente interessanti sia dal punto di vista scientifico che di difesa planetaria. Entrambe, dovranno superare sfide importanti legate all’esposizione ad un ambiente particolarmente ostile in termini di radiazioni e alla difficoltà di ricezione e trasmissione dei dati amplificata dalla distanza da terra che impatta vari aspetti, fra i quali quello della navigazione, guida e controllo.
Sguardo al futuro
Proprio a questa problematica è dedicata la missione Future il cui obiettivo è quello di sviluppare una capacità di stima autonoma della posizione, basata su appositi sensori ed algoritmi di intelligenza artificiale, in grado di ridurre la dipendenza della navigazione dagli operatori e dai servizi e strutture di supporto a terra. In primis la validazione verrà effettuate in orbite Leo per poi passare a future applicazioni in spazio profondo. Stesso percorso di trasferimento tecnologico per la missione Innovator, una costellazione di due CubeSats finalizzata alla sperimentazione in orbite Leo di un nuovo strumento scientifico per osservazioni di radio scienza molto precise, in particolare nel campo della gravity science (determinazione di masse e campi di gravità planetari) e della atmospheric science (determinazione delle proprietà delle atmosfere neutre e ionizzate), che consentirebbero in prospettiva di effettuare una serie di missioni di esplorazione interplanetaria di altissimo profilo.
I costi limitati ed i rapidi tempi di sviluppo fanno dei nanosatelliti le piattaforme ideali anche per la dimostrazione in orbita (Iod) di tecnologie che successivamente potranno essere impiegate in molteplici ambiti scientifico-applicativi, è questo il caso ad esempio della missione Excite che validerà in orbita due thruster a propulsione chimica ed elettrica, un dispositivo per la gestione dei flussi di calore, un’unità di elaborazione grafica commerciale per il computer di bordo e un’antenna a microonde orientabile ad alte prestazioni oppure la missione Ramsess, dedicata alla validazione tecnologica di un innovativo sensore di radiazioni cosmiche in grado di misurare la dose totale assorbita simultaneamente all’energia e alla natura di ogni singolo evento di interazione, che può trovare un utile impiego per la progettazione di metodi di schermatura delle elettroniche oppure nell’ambito dell’astronomia multi-messagera. La dimostrazione in orbita è anche il focus della missione e-Cube che validerà tecnologie e metodologie dedicate alla caratterizzazione dell’ambiente circumterrestre in termini di detriti spaziali ed atmosfera al fine di garantire maggiore autonomia nell’esecuzione, rispettivamente, di manovre di Collision Avoidance e di rientro.
Grazie al continuo miglioramento delle performance e dell’affidabilità, i nanosatelliti sono divenuti oggetto di interesse crescente anche per missioni a vocazione scientifica. Nel programma Alcor ne troviamo addirittura cinque che spaziano dall’astrofisica, allo space weather passando per l’astrobiologia. Borealis ad esempio valuterà gli effetti della microgravità e delle radiazioni ionizzanti su biofilm microbici, testando anche l’efficacia combinata di sistemi di radioprotezione basati su schermaggio fisico e trattamento farmacologico, con l’intento di fornire informazioni cruciali per la preparazione di future missioni umane sulla Luna e su Marte. La missione Chips ha obiettivi non meno ambiziosi a partire dalla realizzazione del primo telescopio spaziale criogenico ad infrarossi con dimensioni tali da poter essere imbarcato su un CubeSat, che consentirà indagini scientifiche all’avanguardia nel campo dell’astrofisica. Grande interesse anche per lo studio del Sole e dello Space Weather, settore nel quale Alcor conta ben tre missioni. Una prima missione, denominata Henon dimostrerà in orbita che l’utilizzo di un cubesat su un’orbita retrograda distante (Dro) mai esplorata prima, consentirà di estendere significativamente la finestra di osservazione dei fenomeni legati allo space weather aumentandone drasticamente la capacità di previsione. La missione Cusp invece porterà un polarimetro per l’osservazione dei raggi X-duri in orbita polare eliosincrona, ottimale per l’osservazione continuativa del Sole e dei fenomeni legati alla sua attività. Stessa orbita per la missione See, che studierà l’emissione elettromagnetica della nostra stella nello spettro dei raggi ultravioletti, soft-X e Gamma consentendo studi sull’attività solare, sulle relazioni Sole-Terra, sullo space weather e sulla sicurezza spaziale.
Concludiamo con la missione Speye che copre un ambito applicativo dove l’impiego dei nanosatelliti potrebbe dimostrarsi enormemente vantaggioso anche a supporto di missioni che impiegano piattaforme di dimensioni decisamente più importanti. La missione si pone l’obiettivo di dimostrare le capacità di un nanosatellite trasportato in orbita da un carrier o da un satellite più grande, di volare autonomamente intorno al carrier stesso acquisendo immagini mediante un sistema di visione multispettrale per il volo in formazione e l’ispezione autonoma.
Tornando alle stelle quindi, anche chi non riesce a distinguere Alcor da Mizar non può non apprezzare la capacità del “piccolo cavaliere” di intensificare la magnitudine della sua compagna più grande, allo stesso modo, è indiscutibile la potenzialità dei nanosatelliti di lavorare in sinergia con quelli tradizionali supportando e spesso completando il raggiungimento degli obiettivi della missione finale.