Prevedere quando una navicella atterrerà vicino a una base lunare proprio come oggi sulla Terra sappiamo quando il nostro autobus arriverà a destinazione. Tutto ciò sarà consentito in futuro dal GPS lunare, un sistema del tutto simile alle costellazioni satellitari del sistema terrestre Gnss, come lo statunitense GPS e l’europeo Galileo, i cui segnali ci permettono di calcolare sulla Terra la posizione e il movimento dei mezzi di trasporto dotati di un ricevitore satellitare.
Il primo passo concreto verso la frontiera di un GPS lunare è stato effettuato dalla missione LuGRE (Lunar Gnss Receiver Experiment), il primo ricevitore satellitare che ha calcolato la sua posizione in orbita lunare e sulla superficie della Luna acquisendo segnali GNSS dai satelliti terrestri.
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Il progetto
LuGRE è un progetto congiunto dell’Agenzia Spaziale Italiana e di Nasa, sviluppato in Italia dall’azienda Qascom con il supporto scientifico del Politecnico di Torino. LuGRE è stato lanciato il 15 gennaio 2025 a bordo del lander Blue Ghost di Firefly Aerospace, allunato poi il 2 marzo nel Mare delle Crisi.
«Il nostro ricevitore era composto da due componenti principali – afferma Mario Musmeci, dell’Unità navigazione e telecomunicazioni di Asi – Una era questa antenna quadrata, che durante il viaggio era completamente chiusa e che durante l’attività in superficie veniva invece dispiegata e serviva a inseguire il movimento della Terra nel cielo lunare per poter captare i segnali in modo molto focalizzato.
Il ricevitore era collocato all’interno del lander, protetto al di sotto della superficie; per darvi un’idea, questa è una replica in scala 1 a 1 un del nostro ricevitore. L’antenna, essendo non dispiegata ma solidale per tutto il viaggio con la parte superiore del lander, obbligava il lander a puntare la terra ogni volta che noi dovevamo fare un’acquisizione. Quindi, in sostanza, il lander durante le sue orbite successive, doveva orientarsi verso la Terra e per poter catturare i satelliti».
Primo ricevitore satellitare progettato per operare oltre l’orbita bassa terrestre, il primo grande traguardo di LuGRE è stato siglato durante il suo viaggio verso la Luna, tracciando il segnale di cinque satelliti (3 GPS e 2 Galileo) a una distanza di 331.000 km dalla Terra. LuGRE ha battuto così il precedente record raggiunto dalla missione Magnetospheric MultiScale di Nasa che nel 2019 aveva captato segnali GPS a 186mila km dalla Terra.
“Acquisiti” Gps e Galileo
«Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo: acquisire non solo GPS, abbiamo acquisito anche Galileo – afferma Mario Musmeci, dell’Unità navigazione e telecomunicazioni di Asi – ma soprattutto quello che abbiamo realizzato è non soltanto l’acquisizione del segnale radio, il tracciamento dei satelliti che venivano visti in quel momento, ma anche il calcolo di quello che si chiama PVT, quindi posizione, velocità e tempo, in tempo reale a bordo del lander.
Questo è importante perché per le future missioni non si può pensare che il ricevitore faccia l’acquisizione radio e trasmetta i dati grezzi a terra dove viene elaborato e calcolata la posizione: tutto questo deve essere autonomo e fatto anche senza comunicazione a terra. Quindi le future sonde che andranno sulla Luna potranno essere autonome in questa attività fondamentale».
Per calcolare la sua posizione e il suo movimento mentre si dirigeva verso la Luna, Lugre ha dovuto acquisire i segnali in doppia frequenza dai satelliti terrestri GPS e Galileo visibili e tracciabili dal ricevitore in base alle previsioni effettuate dal team di missione.
«Il ricevitore a bordo veniva istruito e andava quindi a scandagliare il cielo esattamente cercando quei satelliti che noi gli avevamo detto di andare a cercare. – afferma Mario Musmeci, dell’Unità navigazione e telecomunicazioni di Asi – Appena li prendeva li seguiva nel loro movimento orbitale che ovviamente era una combinazione del movimento dei satelliti, della Terra e del nostro lander che viaggiava a grande velocità. Tutto questo doveva tornare nell’acquisizione dei dati e poi veniva a terra confrontato per vedere se quello che avevamo predetto corrispondeva a quello che veniva poi realmente acquisito e calcolato. E questo è stato quindi un lavoro che abbiamo fatto fondamentalmente insieme ovviamente alla Nasa che gestiva il centro di controllo, ma con il supporto di Quascom che è l’azienda italiana che ha sviluppato il ricevitore. Dall’altra parte al Politecnico di Torino abbiamo avuto una serie di ricercatori che ci hanno aiutato non solo a fare la predizione molto precisa, ma anche il processamento dei dati».
Il ruolo di NavSas
Un supporto fondamentale nelle fasi operative della missione LuGRE è quindi giunto dal gruppo di ricerca NavSAS (Navigation Signal Analysis and Simulation) del Politecnico di Torino, tra i primi al mondo a ricevere e a utilizzare nel 2013 il segnale Galileo e con una competenza sull’elaborazione dei segnali GNSS riconosciuta a livello internazionale. Presso il Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni è stato così attivato il Remote Science Processing Center, centro di processamento scientifico, integrato con il segmento di terra della missione della Nasa.
«Il Politecnico di Torino, attraverso il nostro gruppo di ricerca, ha supportato l’Agenzia Spaziale Italiana già nelle fasi di preparazione della missione. – afferma Fabio Dovis del Politecnico di Torino – L’aspetto scientifico è sia di capire come avviene la propagazione del GNSS in spazio – in particolare sulla superficie lunare – che cosa possiamo utilizzare del GNSS, e allo stesso tempo anche estrarre informazioni ad esempio sulla propagazione del segnale attraverso l’atmosfera terrestre; perché dalla Luna eravamo molto distanti e vedevamo i satelliti molto vicini alla Terra: i segnali attraversano anche l’atmosfera terrestre e da lì si possono appunto delle informazioni proprio sul comportamento anche della nostra atmosfera; quindi quello che succede sulla Luna, ma anche quello che succede sulla Terra. Il nostro ruolo principale comincia adesso, comincia quella che noi chiamiamo la fase di scienza estesa, perché nei prossimi mesi, appunto, ci sarà da elaborare tutto questo gran numero di segnali e di informazioni che abbiamo raccolto durante la missione».
Il recordo di Lugre
Dopo la prima acquisizione di segnali del sistema GNSS a 331.000 km di distanza dalla Terra, LuGRE segna un nuovo record acquisendo i segnali GPS e Galileo più lontani che mai a circa 401mila chilometri dalla Terra. Ma come è possibile tracciare da così lontano i segnali dei satelliti terrestri?
«Questo è un generico satellite galileo che orbita intorno alla Terra. – afferma Mario Musmeci, dell’Unità navigazione e telecomunicazioni di Asi – Di questi ce ne stanno 27, altrettanti GPS. Il problema è che questi satelliti hanno un’antenna che trasmette verso terra esattamente come vedete questa asticella. Questo si chiama lobo principale dell’antenna, quindi l’antenna emette questo segnale radio principalmente in una zona della superficie terrestre molto localizzata e non spreca segnali nel resto dello spazio. Quindi capite bene che se io sto dietro il satellite è come stare dietro a un lampione e non vedere la luce, quindi devo stare al di sotto il suo cono. Per fortuna gli ingegneri che hanno progettato il GPS e Galileo non hanno potuto evitare di avere quelli che si chiamano i lobi laterali, cioè sono dei piccoli spuri di segnale che sfugge dal cono principale, ovviamente con potenze molto più basse – sono inevitabili da un punto di vista ingegneristico – e noi incredibilmente siamo stati capaci di sfruttare anche quelli. Quindi, mentre i satelliti ruotavano intorno alla Terra e poco prima che si ecclissassero dietro la superficie terrestre vista dalla nostra posizione, noi cercavamo di captare questo segnale del lobo principale, ma soprattutto anche quelli laterali».
«Quando si usa il GNSS in spazio, in un certo senso, si usano gli scarti del segnale che non arriva sulla Terra, perché di fatto si prende quella parte di segnale che va oltre la superficie terrestre e quindi arriva dall’altra parte e viene raccolta in spazio. – afferma Fabio Dovis del Politecnico di Torino – Il GNSS già si usa per posizionare satelliti in orbita bassa, ma anche satelliti geostazionari. È chiaro che se uno lo vuole usare per una missione ad esempio verso la Luna sarebbe bello ricevere ancora un po’ più di potenza proprio per poter migliorare ancora le prestazioni rispetto a quello che abbiamo misurato durante Lugre».
Primo esperimento a dimostrare l’uso combinato dei segnali GPS e Galileo nello spazio lunare, il viaggio di LuGRE verso la Luna termina il 2 marzo quando il lander Blue Ghost atterra con successo in un piccolo cratere nel Mare delle Crisi. Concluse le verifiche su tutti i sistemi di bordo e sui carichi del lander, il ricevitore viene acceso 24 ore dopo l’allunaggio, acquisendo alle 7:48 ora italiana del 3 marzo il primo segnale GPS dalla superficie della Luna.
«Quando finalmente ci hanno accesi, noi al centro di controllo avevamo la telemetria che ci arrivava dal Blue Ghost, a un certo punto abbiamo visto questo picco di consumo elettrico del ricevitore che prometteva molto bene e poi l’acquisizione di questo satellite GPS. – afferma Mario Musmeci, dell’Unità navigazione e telecomunicazioni di Asi -Dopo questo segnale di questo satellite GPS se ne ha acquisito un altro, e poi incredibilmente un po’ come a coronare questa cooperazione Stati Uniti – Europa, e Italia in particolare, abbiamo acquisito due satelliti Galileo.
«C’è una regola del posizionamento GNSS, la regola di base è che io devo avere quattro misure – afferma Fabio Dovis del Politecnico di Torino – quindi se voglio fare una posizione solo utilizzando il GPS devo vedere almeno quattro satelliti GPS. Se non ci fosse l’interoperabilità, quindi la possibilità di usare i satelliti da costellazioni differenti, non sarebbe stato possibile di fatto quasi mai fare la posizione. È un ambito, uno scenario in cui l’interoperabilità delle costellazioni diventa fondamentale proprio perché magari si vedono i satelliti per poco tempo, ciascun satellite per poco tempo e per averne un numero sufficiente che poi in termini di stima della posizione dia un’accuratezza accettabile è necessario poter usare più costellazioni. E questo tra GPS e Galileo è possibile perché viene trasmesso appunto un parametro che permette sostanzialmente di allineare le scale di tempo del GPS del Galileo e quindi ottenere una soluzione anche quando si vedono solo quattro satelliti, anche se di costellazioni differenti».
LuGRE diventa così il primo esperimento a calcolare con successo la prima posizione PVT, ossia Posizione, Velocità e Tempo, sulla superficie lunare, e con l’invio a Terra di questi dati il primo strumento attivo italiano a operare sulla Luna, superando le criticità dell’ambiente lunare.
«Le sfide sono su due fronti: hardware e software. – afferma Oscar Pozzobon di Qascom – Le sfide dell’hardware: quando il razzo parte ha un profilo di vibrazioni, di disturbo meccanico, deve essere testato per quello da vibrazioni da shock meccanici; deve essere testato poi qualificato per le per il contesto di temperature, gestione delle temperature nel vuoto. Nel vuoto non c’è la possibilità di dissipare tramite l’aria e quindi ci sono i meccanismi e i sistemi per dissipare il calore per contatto. E poi gli aspetti elettronici, quindi gli effetti delle radiazioni possono causare dei disturbi che vanno dalla cancellazione delle memorie, quindi producendo crash di software, possono creare effetti nel mass storage, nelle memorie, quindi possono corrompere il firmware e quindi invalidando la missione».
L’impresa e i risultati di LuGRE sono stati permessi dall’ottimo taxi spaziale che lo ha trasportato con successo fino al suolo lunare, il lander Blue Ghost di Firefly Aerospace, protagonista di un allunaggio ottimale. Allo stesso tempo però la missione LuGRE apre nuove opportunità sul tracciamento tramite satelliti dei lander nelle future discese verso la luna.
«Ancora oggi allunare in modo soft e accurato sulla superficie lunare non è un una cosa facile. Da circa 30 km di quota in poi da terra non è più possibile manovrare in tempo reale il lander. – afferma Mario Musmeci, dell’Unità navigazione e telecomunicazioni di Asi – Il lander se la deve cavare da solo e ovviamente nel nostro caso LuGRE era spento, era uno strumento scientifico, sarebbe stato acceso solo dopo l’allunaggio. Però si può pensare un domani di avere un ricevitore satellitare a bordo, soprattutto quando intorno alla Luna ci saranno dei satelliti dedicati per la navigazione. Quindi il nostro scopo era quello di essere pionieri nel valutare l’utilizzo di questi segnali sulla Luna.
I collegamenti con il Gnss terrestre
Nei 14 giorni terrestri della sua missione, LuGRE ha effettuato ripetutiti collegamenti con il sistema GNSS terrestre, facendo così da apripista per il futuro sistema GPS lunare. Questo sistema, indispensabile per le prossime missioni lunari di lunga durata previste dal programma Artemis, utilizzerà i satelliti GNSS per determinare il posizionamento nell’ambiente lunare fino a quando non verrà realizzata una vera costellazione di satelliti lunari per la navigazione e le comunicazioni, come previsto dal programma Moonlight di Esa.
«Nel programma Artemis è prevista una base lunare, – afferma Mario Musmeci, dell’Unità navigazione e telecomunicazioni di Asi – una gateway lunare, una specie di piccola stazione spaziale orbitante intorno alla luna che ospiterà gli astronauti che faranno la spola con la base lunare stessa, quindi ci saranno un continuo di trasferimento di merce e di astronauti verso il Lunar gateway, la discesa di lander logistici e con astronauti sulla superficie lunare, robot che lavoreranno sulla superficie: tutto questo lavoro enorme richiede comunicazione a terra e con la gateway, e in seconda battuta un posizionamento accurato, perché tutto deve essere orchestrato anche da un punto di vista tempistico. La posizione non vuol dire soltanto posizione geometrica nello spazio rispetto ai sistemi di riferimento lunare e terrestre e orbitale, ma anche sincronizzazione di tempo: quindi docking, per esempio, tra navicelle in orbita; il fatto che un robot si muova sulla superficie, mentre un lander fa l’allunaggio, tutto deve essere sincronizzato al di sotto del secondo.
Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista GlobalScience di Asi