Una preziosa testimonianza del passato, risalente a 4 miliardi di anni fa, che potrebbe svelare i misteri della storia del Sistema Solare. Questo è l’opportunitàche si apre con l’analisi dei campioni di roccia prelevati dall’asteroide Bennu dalla sonda Osiris-Rex della Nasa nell’ottobre 2020 e riportati sulla Terra il 24 settembre scorso. Questi frammenti, pesanti 250 grammi, sono ora conservati nei laboratori del Johnson Space Center della Nasa, alloggiati in una camera specializzata e protetti da un flusso continuo di azoto per evitarne la contaminazione terrestre.
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Il prelievo dei campioni
Durante il prelievo dei campioni sulla superficie di Bennu nel 2020, alcuni frammenti più grandi hanno impedito la chiusura del contenitore della sonda Osiris-Rex, permettendo ad una parte della polvere di fuoriuscire dall’ambiente sigillato. Questo materiale è stato il primo ad essere recuperato e analizzato sulla Terra, mentre il contenitore principale, chiamato Tagsam, rimane ancora chiuso. Gli studi preliminari hanno rivelato la presenza di acqua e carbonio in abbondanza, elementi chiave per l’origine della vita.
Il ruolo di Asi
Dopo l’apertura del contenitore principale, parte del campione di Bennu, il più grande mai raccolto nello spazio, arriverà anche in Italia per studi più specifici. “Dai 6 mesi a un anno, la Nasa studierà questi campioni. Al Johnson Space Center di Houston verrà effettuata una caratterizzazione sistematica di questo materiale e una frazione dei campioni verrà poi distribuita ai laboratori in tutto il mondo. Arriveranno quindi anche in Italia – spiega John Robert Brucato di Inaf – Grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana, noi italiani abbiamo partecipato alla missione fin dal momento in cui è stata concepita, lanciata e arrivata sull’asteroide Bennu e Asi sta fornendo il supporto alla comunità italiana per essere pronti a poter studiare i materiali una volta che arriveranno in Italia“.
“Quello che noi stiamo facendo in questo periodo – conclude – è cercare di dotare i nostri laboratori di camere ultra pulite entro le quali poter alloggiare i campioni senza dover rischiare di contaminarli anche in un ambiente controllato come quello di laboratorio però chiaramente se non vengono presi accorgimenti si rischia appunto di indurre delle trasformazioni del materiale dovuto proprio all’ambiente, quindi l’umidità per esempio ambientale può alterare il materiale o anche appunto la presenza umana. Stiamo adattando gli strumenti in maniera tale da preservare i campioni nella loro natura più pristina, più originaria”.
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