Galileo è il sistema di navigazione e posizionamento più preciso al mondo e sta per compiere 10 anni, eppure si lavora da tempo alla seconda generazione proprio dove è nato, al Radio Navigation Systems and Techniques dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) che si trova nel complesso dell’European Space Research and Technology Centre (Estec), presso Noordwijk, nei Paesi Bassi.
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Dove tutto è nato e cresce
Qui si stanno sviluppando i satelliti e le tecnologie per il Galileo del futuro, compresa l’integrazione con il 6G per rinforzare i segnali provenienti dallo spazio con quelli terrestri. Sono allo studio anche i ricevitori, ora allo stadio di prototipo che diventeranno operativi nel corso del prossimo decennio. Ci sta pensando il Navigation Laboratory condotto da José Antonio Garcia Molina e dal Commercial User Segment and Navigation Systems Validation guidato da Paolo Crosta.
L’integrazione con il 6G
“Il Nav Lab è stato fondamentale per la progettazione e lo sviluppo del Galileo di prima generazione ed è un elemento chiave per le attività in corso per la seconda generazione. Stiamo attualmente sviluppando e valutando i ricevitori di prova per la prossima generazione di satelliti, per questo dobbiamo simulare i nuovi segnali e servizi per i quali li stiamo progettando, con i segnali terrestri 6G e oltre fornendo copertura di supporto” afferma Garcia Molina.
I ricevitori prima dei satelliti
“Lo stesso approccio è stato essenziale per il Galileo di prima generazione. Abbiamo iniziato a provare i nostri primi ricevitori in anticipo prima che la costellazione fosse in posizione, perché avevamo bisogno di un modo di esplorare i benefici che avrebbero portato una volta che fosse stata operativa” ricorda Crosta che insieme ai suoi colleghi, grazie alla foresta di antenne installate sul tetto, monitora costantemente le prestazioni delle altre reti Gnss (Gps, Glonass, Beoidou, Qzss, etc) insieme ovviamente a quelle di Galileo.
Dieci anni di Galileo
Quelle del sistema europeo, sin dal suo debutto ufficiale il 12 marzo 2013 sono cresciute costantemente passando da un’accuratezza di 10-15 metri a meno di un metro fino ai 20 cm assicurati dal nuovissimi High Accuracy Service che permette di arrivare a 20 cm. Un grado di precisione che testimonia il grado di competenza di chi vi ha lavorato e continua a lavorarvi, tanto da essere coinvolto anche per i sistemi di posizionamento e navigazione anche per la Luna con il dimostratore Leo-Pnt e il programma Moonlight.
Test di vario tipo
Allo stesso tema lavora anche il Galileo Reference Center che si trova alla porta accanto, ma fa capo all’Euspa, agenzia preposta a gestire e ad operare Galileo. “Possiamo provare un’ampia gamma di casi utente. Abbiamo un paio di furgoni per le prove veicolari, solitamente guidando tra questa zona e quella del centro di Rotterdam, così come una piattaforma droni e zainetti. Uno dei punti di forza del laboratorio è la sua versatilità” afferma l’ingegnere per le frequenze, Michelangelo Albertazzi.
Quattro miliardi di dispositivo
Il risultato di tutto questo lavoro è che nel mondo ci sono oggi 4 miliardi di smartphone capaci di sfruttare Galileo. Il primo fu lo spagnolo BQ – un esemplare è ancora conservato all’Estec – ed oggi tutti i nuovi dispositivi venduti in Europa possiedono tale funzionalità, ma non hanno mai sfruttato il segnale in doppia frequenza che da sempre è emesso dai satelliti e permette di compensare le interferenze che si generano nella ionosfera. Il primo a farlo è stato l’Apple iPhone 14, seguito da altri dispositivi Android. L’ennesima dimostrazione della superiorità di Galileo tra tutti i sistemi Gnss.