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Per fare l’Italia “spaziale” serve un cluster unico nazionale



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Stop alla frammentazione: grandi aziende, pmi, startup e istituzioni devono lavorare insieme per costruire un’industria più forte e competitiva. Il modello di riferimento? Quello francese

Pubblicato il 17 feb 2025

Leonella Gori

Sda Bocconi School of Management

Alessandro Sannini

Private Equity Investor'



spazio, osservazione terra

Il settore spaziale italiano è una galassia di competenze, innovazione e ricerca. Tuttavia, la sua frammentazione lo rende meno competitivo rispetto ai giganti globali. Un recente articolo dell’ex ministro Vittorio Colao ha posto in evidenza la necessità di un approccio più coordinato, sottolineando come la dipendenza da infrastrutture tecnologiche non europee, come Starlink, rappresenti una sfida strategica per la sovranità dell’Unione.

Colao evidenzia che l’Europa deve sviluppare alternative indipendenti per garantire la sicurezza e la sovranità delle proprie telecomunicazioni e infrastrutture strategiche. Inoltre, secondo Colao, l’Italia deve colmare il divario esistente con altre nazioni europee che hanno già avviato programmi di integrazione tra pubblico e privato nel settore spaziale, favorendo il rafforzamento della filiera industriale.

Smettendo di agire” come un’assemblea di condominio” e “commissionando iniziative con fondi e tempi chiusi e performance contrattuali”, è possibile colmare il divario tra Italia ed altri attori europei attualmente maggiormente pronti a competere nell’arena internazionale.

Un cluster unico per guidare il futuro dello spazio italiano

Immaginiamo un’Italia in cui tutte le realtà spaziali, dalle startup alle grandi imprese, lavorano sotto un’unica cabina di regia: il Cluster unico nazionale. Questo organismo avrebbe il compito di aggregare pmi, grandi aziende, università e investitori, fornendo una governance strutturata e strategie industriali a lungo termine. L’unione di forze favorirebbe la condivisione di infrastrutture, risorse e finanziamenti, accelerando l’innovazione e rendendo l’Italia un attore chiave nel panorama spaziale globale.

In questo contesto, il Governo le altre istituzioni dovrebbero assumere un ruolo di catalizzatore, coordinando gli interessi di tutti gli attori del settore e sostenendo l’unità dell’ecosistema spaziale. Un modello di riferimento potrebbe essere quello francese, dove il governo agisce come facilitatore di sinergie tra aziende, enti di ricerca e investitori, contribuendo a creare una filiera strutturata e altamente competitiva.

Colao sottolinea che l’Italia ha tutte le risorse e il know-how per strutturarsi in un sistema più efficiente, ma senza un modello chiaro di governance e di aggregazione industriale, il rischio è che le opportunità di crescita siano infine disperse.

Dove si colloca l’Italia?

Analizzando il settore attraverso la matrice Bcg (Boston Consulting Group), possiamo confrontare la posizione delle aziende italiane con quelle europee.

  • Stars: aziende con alta crescita e alta quota di mercato, come Leonardo, Thales Alenia Space e Telespazio, che dominano il settore e devono continuare a investire in innovazione per mantenere la loro posizione.
  • Cash Cows: imprese consolidate con una quota di mercato significativa ma con un tasso di crescita limitato, come Avio, che generano profitti stabili e possono fungere da pilastri del settore.
  • Question Marks: pmi con un forte potenziale di crescita ma ancora in divenire come D-Orbit, Argotec, Leaf Space, Novaeka
  • Dog: aziende con bassa crescita e una presenza limitata sul mercato, spesso relegate a nicchie troppo specialistiche. Ve ne sono, purtroppo, in questa sede preferiamo non fare nomi specifici, segnalando che alcuni “dog” possono essere identificati senza eccessive difficoltà nel panorama nazionale.

Lo scenario europeo

In Europa, invece, si nota una distribuzione più equilibrata tra le categorie. Airbus Defence and Space e Ohb dominano la sezione Stars, ma accanto a loro ci sono diverse PMI emergenti che trovano spazio per crescere. In particolare, la Francia e la Germania, in Francia e Spagna vedono una forte presenza di Question Marks, tra cui Exotrail, GomSpace, Rocket Factory Augsburg, Isar Aerospace, Skyrora e Pld Space, realtà che stanno emergendo con soluzioni innovative nel lancio di piccoli satelliti e propulsione avanzata.

Colao, nel suo intervento, evidenzia come queste aziende abbiano beneficiato di un forte supporto istituzionale e di strumenti finanziari privati più accessibili. In Italia, invece, le pmi spaziali incontrano maggiori ostacoli nel trovare investitori pronti a sostenerne la crescita.

Quanto è concentrato il settore spaziale italiano?

Il livello di concentrazione del mercato spaziale italiano mostra chiaramente l’influenza dominante di poche grandi aziende. L’Herfindahl-Hirschman Index (HHI), con un valore compreso tra 1.200 e 1.800, evidenzia una concentrazione moderata, indicando che Leonardo, Avio e Thales Alenia Space controllino la maggior parte dei finanziamenti e delle commesse europee. Il Concentration Ratio (CR4), che misura la percentuale del mercato detenuta dalle prime quattro aziende, è del 50-55%, ed anche questo dato indica la difficoltà per le pmi di emergere autonomamente. Tale squilibrio è confermato anche dal Coefficiente di Gini, compreso tra 0 e 1, dove valori prossimi allo zero segnalano equidistribuzione (contrariamente, come intuibile, a quantificazioni vicine all’unità, che attestano elevata concentrazione). Nel caso del settore Spazio in Italia, esso si attesta tra 0,45 e 0,55, indicando una distribuzione diseguale delle opportunità di mercato.

La diversificazione del settore, misurata tramite l’Indice di Entropia di Shannon (tra 2,5 e 3,5), suggerisce che esistano diverse realtà operative, ma che queste siano fortemente dipendenti dai grandi gruppi per l’accesso ai contratti significativi. Infine, l’Indice di Dominanza mostra come Leonardo e Thales Alenia Space esercitino un controllo significativo, con Avio che è l’unico produttore di lanciatori, rendendo difficile per le nuove aziende farsi strada in segmenti strategici.

Un nuovo modello per il finanziamento del settore

Colao sottolinea l’importanza di affiancare ai fondi pubblici strumenti di finanziamento privati come Venture Capital, Private Equity e Debito Privato. Tuttavia, è essenziale che un fondo o più fondi di investimento specializzati per il settore spaziale siano interamente privati e mirati esclusivamente alle pmi. Un fondo privato permetterebbe una maggiore agilità nelle decisioni di investimento e una più ampia possibilità di supportare imprese innovative con alto potenziale.

Dato il crescente interesse per il settore, in Italia si registra un proliferare di workshop, eventi fieristici e conferenze dedicate allo spazio. Tuttavia, non è ancora chiara la reale ricaduta di questi eventi in termini di sviluppo industriale e di accesso ai capitali per le pmi. Senza una strategia chiara e strutturata, il rischio è che queste occasioni restino semplici vetrine prive di impatti concreti sull’economia spaziale nazionale.

La sfida della collaborazione

Deframmentare il settore spaziale italiano non è solo un’opzione, ma una necessità. Creare un Cluster unico nazionale significa dare all’Italia una visione strategica chiara, in cui grandi aziende, pmi, startup e istituzioni lavorano insieme per costruire un’industria spaziale più forte e competitiva.

Il Governo, ispirandosi, ad esempio, al modello francese, dovrebbe assumere il ruolo di catalizzatore per facilitare la collaborazione tra gli attori del settore, sostenendo l’unità e la crescita dell’intero comparto. Come afferma Colao, un modello più integrato e coordinato rappresenterebbe una spinta fondamentale per permettere all’Italia di giocare un ruolo centrale nella New Space Economy. Senza dimenticare che la collaborazione dovrebbe estendersi al Continente Europa, in nome di un’autonomia e spirito di mutuo rinforzo tra le nazioni che condurrebbe a enormi vantaggi sul piano economico e geopolitico soprattutto nel contesto attuale.


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