Con la candidatura ufficiale, con il sito dell’ex miniera di Sos Enattos, a Lula in Sardegna, presentata a Roma dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, l’Italia entra ufficialmente nella gara per ospitare l’Einstein Telescope, il più potente strumento mai costruito per catturare le onde gravitazionali e spingersi fino quasi al Big Bang che ha dato origine all’universo.
Ospitare in Italia questo strumento senza precedenti e di portata internazionale, ha detto la premier Meloni, è “per la scienza, un enorme balzo in avanti nella nostra capacità di comprendere il cosmo; per la politica è un modo per far tornare la ricerca italiana ed europea centrali”. Ha aggiunto: “Ce la metteremo assolutamente tutta: è un segnale all’Italia e al ruolo che l’Italia può giocare nel mondo“.
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Il rivoluzionario Einstein Telescope
Einstein Telescope riuscirà a osservare un volume di universo almeno mille volte maggiore delle infrastrutture di ricerca attuali. Permetterà di studiare i segnali di onde gravitazionali con grandissima precisione. Consentirà di studiare la storia dell’universo andando indietro nel tempo, avvicinandosi quasi al Big Bang.
Molto più sensibile degli attuali rivelatori della precedente generazione, i due interferometri gemelli Ligo negli Stati Uniti e il rivelatore Virgo in Italia, Einstein Telescope consentirà di saperne di più dell’universo e delle sue origini aprendo opportunità straordinarie per la fisica fondamentale, l’astrofisica e la cosmologia.
Con Einstein Telescope sarà possibile studiare le onde gravitazionali prodotte da eventi cosmologici, come la fusione di buchi neri o di stelle di neutroni, a distanze inimmaginabili. Proprio per il suo enorme potenziale di scoperta e di conoscenza, la comunità scientifica considera Einstein Telescope come un progetto di impatto mondiale.
Italia in pole position
Certamente l’Italia dovrà affrontare una “concorrenza agguerrita”, ha osservato il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, riferendosi alla candidatura dei Paesi Bassi a ospitare lo strumento.
Dalla sua, il sito italiano nell’area della ex miniera metallifera di Sos Enattos, nel nord-est della Sardegna, ha il silenzio. Si trova infatti in una zona scarsamente abitata e con un basso rumore sismico, dovuto al fatto che la Sardegna non è connessa alle zone tettoniche più attive e quindi non è interessata da fenomeni di sismicità e di deformazione della crosta terrestre. Il sito olandese si trova invece in un’area più popolata, al confine tra Paesi Bassi, Belgio e Germania.
Inoltre l’Italia a sostegno della sua candidatura può vantare l’esperienza nella realizzazione e gestione di grandi infrastrutture di ricerca sotterranee, come i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, il più grande laboratorio sotterraneo al mondo dedicato alla fisica astroparticellare.
Grande chance per la Sardegna
La Sardegna, come detto, è la regione proposta dall’Italia per ospitare la prestigiosa infrastruttura scientifica, nell’area della miniera dismessa di Sos Enattos (Nuoro). Per la Sardegna poter ospitare questa infrastruttura di ricerca vuol dire poter contare anche su ricadute per l’occupazione e per l’indotto delle aziende.
Nella fase di costruzione, secondo le prime stime, il potenziale in termini di occupazione, considerando effetti diretti e indotti, è di 36.085 unità di forza lavoro, che corrispondono a circa 4.000 persone impiegate full time ogni anno per i 9 anni di costruzione ipotizzati. A regime, l’infrastruttura ospiterà personale altamente qualificato, che lavoreranno nel laboratorio e vivranno in loco. Questa comunità comprenderà tanto personale assunto in pianta stabile dalla struttura – circa 160 unità – quanto flussi regolari di ricercatori in visita scientifica.
Un volano per l’economia
Il presidente della Sardegna, Christian Solinas, ha già affermato che la Regione è disposta “a uno stanziamento importante per creare reti accademiche e di istituzioni di ricerca nazionali e internazionali, con l’aiuto della diplomazia scientifica”. Sono importanti anche le ricadute economiche: secondo uno studio dell’Università di Sassari stima che ogni euro speso per l’Einstein Telescope ne genererà 3,2 euro e un incremento del Pil di 1,6 euro.
“Oggi il costo stimato per la costruzione è di 1,7 miliardi e l’impatto complessivo stimato è di 6 miliardi nei 9 anni previsti per la costruzione”, ha sottolineato la ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Elvira Calderone.
Strumento cruciale per la ricerca
L’Einstein Telescope potrebbe diventare, in Europa e nel mondo, quello che il Cern è per la fisica delle particelle, con almeno 1.400 persone attive al suo interno, provenienti da 23 Paesi e 221 istituti di ricerca. “L’investimento per l’Einstein Telescope ci sarà” e l’impegno del governo in questo progetto “è chiaro e palese”, ha ribadito la ministra per l’Università e la Ricerca, Anna Maria Bernini.
Anche le attese scientifiche “sono grandissime” perché, come ha detto il Nobel per la fisica, Giorgio Parisi, uno strumento come l’Einstein Telescope permette di “andare molto indietro nel tempo e, potendo esplorare l’epoca vicina al Big Bang, è possibile che ci siano tante sorprese, difficili da prevedere”.
Svelerà i segreti dell’Universo
Sarà un viaggio alla scoperta dei segreti dell’universo, ha evidenziato il presidente dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare, Antonio Zoccoli, e si tratta di un’impresa senza precedenti anche per il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Marco Tavani: “L’Einstein Telescope sarà un’infrastruttura di osservazione dell’Universo dalle straordinarie potenzialità di rivelazione di sorgenti di onde gravitazionali associate ai fenomeni più energetici del cosmo”. Il contributo di questo strumento “sarà focalizzato sulle osservazioni delle sorgenti di onde gravitazionali con telescopi da terra e dallo spazio utilizzando tutte le frequenze, dal radio all’ottico fino ai raggi X e gamma”.