IL REPORT

I-Com: “Fibra e 5G determinanti per il successo della new space economy”



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Mappata anche l’offerta formativa nel nostro Paese: per l’anno accademico 2024-2025 oltre 340 fra insegnamenti e corsi di studio in ambito universitario. A guidare la classifica il Lazio, poi Lombardia e Puglia

Pubblicato il 30 ott 2024



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Il contributo delle infrastrutture della fibra ottica e del 5G è indispensabile per il successo della new space economy che offre un ventaglio di opportunità anche per aspetti relativi al take-up del digitale e delle nuove tecnologie.

È quanto sostiene il rapporto “Connettere l’Italia. L’innovazione del Sistema Paese nel decennio digitale europeo” (scaricalo qui), realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com), think tank guidato dall’economista Stefano da Empoli con base a Roma e Bruxelles, nell’ambito dell’Osservatorio annuale sulle reti e i servizi di nuova generazione. istituzioni, della politica e del mondo delle imprese. L’Osservatorio è stato promosso in collaborazione con Energee3, Eolo, Google, Inwit, Open Fiber, Qualcomm, Tinexta Cyber e WindTre.

Mappa degli investimenti italiani

Il ruolo dello Spazio in ambito nazionale è confermato nei fondi dedicati nel Pnrr, ossia poco meno di 2,3 miliardi di euro fino al 2026, di cui 800 milioni di euro dal Fondo Complementare. In particolare, quattro sono le linee di investimento. La prima riguarda l’osservazione della Terra, con 1,2 miliardi di euro funzionali a progetti per la gestione del territorio (sicurezza del patrimonio archeologico, culturale e calamità naturali) e “CyberItaly”, ossia una renderizzazione digitale del Paese. La seconda concerne i servizi in orbita, con una dotazione 460 milioni di euro dedicate principalmente allo sviluppo di competenze per la Ssa (Space Situational Awareness), per la gestione del traffico spaziale e la manutenzione di infrastrutture in orbita. La terza interessa le Satcom (comunicazioni satellitari) con circa 397 milioni di euro legati, fra l’altro, alla progettazione e all’implementazione di componenti (per esempio, l’IoT). La quarta afferisce al progetto “Space Factory” (320 milioni di euro), che fa riferimento alla realizzazione di strutture all’avanguardia in ambito spaziale e ad attività di R&S per propulsori e lanciatori di prossima generazione.

Crescono pmi e startup

Da questo report emerge, in particolare, che il settore spaziale italiano sia costantemente in crescita. Tanto che, si è passati da un totale di 120 imprese nel 2019 a 219 nel 2024, complice anche il conteggio delle startup a partire dal 2020.

In tutti gli anni considerati prevale la quota di pmi, che risultano in aumento del 27% rispetto al 2021. Inoltre, tra le grandi imprese si registra un incoraggiante incremento del 31% tra il 2021 e il 2024. Allo stesso modo, il numero di startup è passato dalle sole 11 del 2020 alle 25 registrate per l’anno in corso secondo quanto emerge dalla piattaforma online “Italian Space Industry”, realizzata in collaborazione dall’Asi (Agenzia spaziale italiana) e dal Maeci (Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale).

Formazione spaziale

Dal mondo del lavoro a quello dell’istruzione: Interessanteè il monitoraggio realizzato da I-Com sulle attività di formazione su tematiche spaziali in ambito universitario ha rilevato per l’anno accademico 2024/2025 un totale di 343 unità tra insegnamenti e corsi di studio, evidenziando come la formazione specializzata post-laurea si affianca a quella universitaria con differenze in termini quantitativi decisamente importanti.

154 progetti di ricerca

Sono stati osservati 154 progetti di ricerca in dottorati, 119 insegnamenti singoli all’interno delle lauree magistrali, 14 lauree magistrale e 12 triennali, a fronte di 14 corsi all’interno di master di I e II livello, 11 all’interno di lauree triennali e – in egual misura – in dottorati di ricerca e 8 master specificamente incentrati su tematiche spaziali.

Offerta disomogenea

Per quanto concerne la distribuzione dell’offerta formativa (specializzata e non) a livello regionale, questa appare piuttosto disomogenea, con una forte concentrazione nel Lazio (63 corsi), in Lombardia (38) e in Puglia (36), seguite da Campania (30) e Piemonte (28), mentre a settembre 2024 solo Molise e Valle d’Aosta risultavano non proporre corsi di questo genere.

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