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Lumio va alla scoperta della faccia nascosta della Luna

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Obiettivo della missione è quello di quantificare e caratterizzare gli impatti dei meteoroidi sul satellite, tramite il telerilevamento di flash luminosi. Per la progettazione preliminare in campo Polimi, Argotec, Leonardo, Imt, Nautilus e S&T Norway

Pubblicato il 19 Mar 2024

Marco Di Clemente

Silvia Natalucci

LUMIO-1

L’ultima volta che degli esseri umani hanno messo piede sulla Luna è stato il dicembre 1972 con la missione Apollo 17. Da allora non si è più tornati, ma negli ultimi anni si è riacceso l’interesse per l’esplorazione umana del nostro satellite, tanto che si sta parlando di “nuova corsa alla Luna”. A cosa è dovuto questo rinnovato interesse?

Il motivo principale è certamente quello di acquisire il know-how necessario ad affrontare la sfida forse più ambiziosa nella storia: la costruzione di basi umane su altri mondi, utilizzando la Luna come avamposto ideale per raggiungere corpi celesti più lontani e per esercitarsi a fare ciò che è necessario per colonizzarli: estrarre acqua, ossigeno, energia e materie prime con finalità sia scientifiche che economiche. Lo sfruttamento minerario dei corpi celesti, se dovesse diventare economicamente sostenibile, potrà, infatti, rivoluzionare l’economia terrestre e impattare in maniera clamorosa sui settori energetico e delle materie prime. Tuttavia, stabilirsi per lunghi periodi sul nostro satellite naturale non sarà facile, a causa di una molteplicità di fattori che rendono l’ambiente lunare particolarmente ostile come ad esempio la forte esposizione alle radiazioni oppure le innumerevoli meteoriti che, in assenza di atmosfera, si schiantano sulla superficie lunare con impatti violenti. Ne è testimonianza il grande numero di crateri presenti che, limitandosi a contare quelli con un diametro di almeno 1 km, raggiungono quota 300.000 unità. Ma quanti meteoriti colpiscono realmente la Luna? Con quale frequenza? E qual è l’entità del rischio per astronauti e strutture?

La missione Lumio

Domande a cui potrebbe contribuire a dare una risposta la Missione Lumio (Lunar Meteoroid Impacts Observer) che ha come obiettivo proprio quello di osservare, quantificare e caratterizzare gli impatti dei meteoroidi, piccole rocce non osservabili dalla Terra, sul lato nascosto della Luna, tramite il tele-rilevamento di flash luminosi dovuti agli impatti. Ciò consentirebbe di complementare le osservazioni raccolte dalla Terra al fine di formulare il primo modello completo ed accurato del flusso di meteoroidi in ambiente lunare che potrebbe fornire importanti informazioni sui siti maggiormente idonei ad accoglier un eventuale avamposto umano in quanto caratterizzati da un limitato rischio di impatti.

La missione utilizza un CubeSat 12U delle dimensioni di 30x20x20 cm e del peso di circa 25 kg realizzato con tecnologie miniaturizzate molto avanzate quali la micro-propulsione, il transponder miniaturizzato in banda X, il sistema di controllo dei pannelli solari, la navigazione ottica autonoma, il processamento di immagini a bordo e una camera payload miniaturizzata. Quest’ultima, chiamata Lumio-Cam, è in grado di rilevare flash luminosi nello spettro del visibile e nel vicino infrarosso. Il processore della Lumio-Cam scansiona autonomamente le immagini per rilevare i flash luminosi in modo da scaricare a Terra i soli dati con contenuto scientifico. La missione usa una inusuale orbita “halo” attorno al punto Lagrangiano L2 Terra-Luna, da cui si può osservare il lato lontano della Luna, quello non osservabile dalla Terra, in modo permanente.

Il contest di Esa

Il progetto Lumio è risultato uno dei vincitori della competizione Lunar CubeSats for Exploration (Luce) indetta da Esa nel 2017 ed è implementato all’interno del programma Esa General Support Technology Programme (Gstp) grazie al sostegno dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e dell’Agenzia Spaziale Norvegese (Nosa). Ad ottobre si è conclusa con successo la fase di progettazione preliminare e la missione è pronta ad entrare nella fase di progettazione di dettaglio e successiva realizzazione, con l’obiettivo di volare tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027, presumibilmente come carico secondario di una delle tante missioni che nei prossimi anni raggiungeranno il nostro satellite naturale.

Il consorzio

La progettazione preliminare della missione è stata realizzata da un consorzio europeo costituito dal Politecnico di Milano, Argotec, Leonardo, Imt, Nautilus e S&T Norway. Il Politecnico di Milano, oltre ad essere principal investigator, è leader del consorzio e si occupa dell’analisi di missione, del sistema di guida, navigazione e controllo del satellite, dell’esperimento di navigazione autonoma, dell’elaborazione scientifica dei dati e della gestione dell’intero progetto.

Argotec ha il ruolo di progettare e sviluppare la piattaforma CubeSat, mentre Leonardo quello della realizzazione della Lumio-Cam. Imt guida lo sviluppo del transponder in banda X e del meccanismo di rotazione dei pannelli solari, mentre Nautilus si occupa della progettazione del segmento di terra e delle operazioni di controllo del volo. Infine, la norvegese S&T si occupa della realizzazione del processore di bordo che elaborerà in tempo reale i dati provenienti dalla Lumio-Cam. Una folta comunità scientifica, coordinata da Asi, si sta inoltre preparando ad elaborare i dati che saranno raccolti durante tutte le fasi della missione.

La missione Lumio insieme ad altri progetti supportati dall’Agenzia Spaziale Italiana nell’ambito del programma Alcor, una volta in orbita, contribuirà a consolidare la leadership del nostro paese nel campo della progettazione di sistemi e missioni per CubeSat interplanetari avviata con le missioni Licia Cube e Argomoon.

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