Portare nello Spazio l’ecosistema produttivo e della ricerca della Regione Marche, senza l’ambizione di sviluppare un sistema spaziale completo, ma mettendo a disposizione del mercato prodotti competitivi a livello di sottosistema. E’ questo l’obiettivo del Cluster Exploore Aerspazio Marche, nato ufficialmente a metà del 2022 e impegnato a rafforzare la presenza del territorio nel panorama nazionale della Space Economy. A raccontare le caratteristiche di questa esperienza è Lanfranco Zucconi, presidente del Cluster Exploore.
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Zucconi, da quali premesse è nato il cluster delle Marche?
Un ruolo importante l’ha avuto l’effetto mediatico generato negli ultimi anni dalla space economy, e parallelamente dall’affermazione del cosiddetto “new space”. Se da 60 anni a questa parte, infatti, lo Spazio era un comparto limitato all’ambito istituzionale della difesa e della ricerca, in tempi molto più recenti, soprattutto negli Stati Uniti, si è fatta strada la possibilità di un’accezione più commerciale, in cui i player non sono più soltanto istituzionali, e che apre la strada a un importante ritorno sulla terra a livello tecnologico.
Quali sono le caratteristiche del vostro distretto?
Una delle peculiarità è la presenza di diverse aziende che non hanno una vocazione per l’aerospace fin dalla loro nascita, ma che provengono da settori tecnologicamente “vicini”, come l’automotive o l’oli&gas, e che vedono in questo comparto una nuova e promettente opportunità di business. Del cluster fanno parte a oggi 25 aziende, le quattro università del nostro territorio, e un ente di ricerca. Insieme abbiamo sviluppato una strategia basata su tecnologie e prodotti, con una specializzazione sui materiali, dal carbonio ai tessuti per supportare l’attività dell’uomo nello spazio. E a oggi riscuotiamo molto interesse sul piano industriale, molte aziende stanno manifestando la volontà di entrare nel distretto.
Qual è il terreno su cui siete al momento più competitivi?
Del nostro distretto, ad esempio, fa parte un’azienda che ha prodotto una tuta per astronauti che è stata già utilizzata in un volo suborbitale. Quello dei prodotti per la vita dell’uomo nello Spazio è un filone che vogliamo continuare a seguire con grande attenzione, insieme a quello delle fibre di carbonio e dei materiali, dei meccanismi e dei sensori per i sistemi spaziali. Si tratta di settori molto importanti, sui quali le nostre competenze sono già asseverate, e che possono andare di pari passo con quello dei servizi e delle attività in orbita, ad esempio nel campo della rimozione dei detriti spaziali, in cui meccanismi di precisione, sensori e attuatori sono fondamentali.
A che punto siete con questa roadmap?
Abbiamo già rapporti consolidati con il mercato istituzionale, quindi con l’agenzia spaziale nazionale e con quella europea, perché per essere competitivi nel new space c’è innanzitutto bisogno di contare su tecnologie certificate ai più alti livelli. I prodotti devono prima essere sperimentati e utilizzati in orbita in programmi “istituzionali”, e soltanto in un secondo momento possono ambire ad altri traguardi nel privato.
Qual è il ruolo in questo contesto dei centri accademici?
Le università marchigiane sono già molto impegnate a livello scientifico e tecnologico su questi temi. La Politecnica delle Marche, l’Università di Camerino, quella di Macerata e quella di Urbino hanno programmi si sviluppo tecnologico per supportare le aziende del territorio, e sono già stati avviati programmi di collaborazione importanti, come nel caso della Politecnica e di Camerino, che hanno un ruolo importante per la certificazione dei materiali e lo sviluppo delle applicazioni a terra per l’osservazione della Terra.