L’INTERVISTA

Argotec, l’Ad Avino: “A breve una nuova sede e 100 assunzioni” 

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Il fondatore e numero uno dell’azienda piemontese eccellenza nel campo dei piccoli satelliti: “La space economy si è trasformata con l’apertura del mercato agli operatori commerciali. L’Italia dovrà giocare un ruolo di primo piano liberandosi dalle dipendenze tecnologiche dall’estero”  

Pubblicato il 08 Mag 2023

David Avino Argotec

“Da 24 anni lavoro nell’aerospazio, soprattutto all’estero con l’agenzia Spaziale Europea e negli Stati Uniti, e nel corso del tempo ho sviluppato un sogno che ho iniziato a realizzare nel 2008 con la nascita di Argotec: dare la possibilità ai giovani di lavorare in questo settore senza lasciare l’Italia, trovando nel nostro Paese una realtà altamente specializzata e apprezzata su scala globale. L’idea originale era quella di portare nello Spazio aziende che non si occupano direttamente di Spazio, ad esempio per motivi di ricerca e sviluppo, e allo stesso tempo di dimostrare che siamo in grado di realizzare hardware per lo spazio e di farlo funzionare al meglio. Abbiamo iniziato a cavallo della crisi finanziaria globale, e dal momento che in quegli anni il settore spaziale era quasi completamente indirizzato al campo governativo, il primo passo è stato quello di vendere servizi all’Esa e alle agenzie spaziali nazionali: i primi profitti ci sono serviti per nuovi investimenti. La nostra piattaforma per i satelliti di piccole dimensioni risale al 2015, ed è caratterizzata da capacità e affidabilità spinte, paragonabile a quelle dei satelliti più grandi, che si è imposta all’attenzione del mercato”. A illustrare in quest’intervista a SpacEconomy360 la storia e le ambizioni di Argotec è il fondatore e Ceo dell’azienda, David Avino, che spiega come è nato il suo progetto e come è destinato a svilupparsi nel corso dei prossimi anni. 

Avino, come è cambiata e come sta cambiando la space economy? 

Abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione: dai primi anni 2000 fino al 2015 il settore era principalmente, se non esclusivamente, in mano alle iniziative dei governi per fini di ricerca o di difesa. Nel tempo però si sono affacciati una serie di investitori privati che hanno creduto nelle potenzialità dello spazio dal punto di vista del business, e hanno puntato grandi risorse su questo comparto: è il caso di Jeff Bezos, Elon Musk e Richard Branson. L’arrivo di investimenti privati ha significato anche un approccio più “commerciale” al mercato. Per il futuro mi pare chiaro che i governi saranno chiamati a continuare nella loro attività indirizzata principalmente alla ricerca e alla difesa, mentre tutto il resto andrà a formare un nuovo dominio dove gli obiettivi principali saranno commerciali, dal turismo spaziale al mining, soltanto per fare due degli esempi più evidenti, con ritorni economici attesi nel breve e medio termine. In questo scenario ritengo sia stato fondamentale l’intervento dei governi e gli investimenti fatti per far crescere grandi sistemi infrastrutturali, come ad esempio quelli per l’osservazione della terra e i sistemi di navigazione, in cui il pubblico ha svolto un ruolo di primissimo piano.  

Quali sono stati i “momenti di svolta” in questo percorso? 

Io ne individuo essenzialmente due: in primo luogo il miglioramento tecnologico che ha investito il campo dei vettori spaziali, con Elon Musk che grazie al supporto del governo statunitense è riuscito a costruire razzi riutilizzabili, un vero e proprio turning point che ha reso lo spazio più vicino e accessibile. E poi la voglia di tornare sulla Luna con il progetto Artemis, non semplicemente per piantare una bandierina, ma per rimanerci e, in prospettiva, viverci.  

In Artemis Argotec ha svolto un ruolo importante… 

Della missione Artemis 1 siamo stati protagonisti con ArgoMoon, l’unico “made in Italy” dei 10 satelliti che hanno preso parte alla missione, insieme ai sette statunitensi e ai due giapponesi. Il lancio è stato effettuato a novembre e il nostro è stato uno dei quattro satelliti sopravvissuti all’uscita. A dimostrare il fatto che le nostre tecnologie siano avanzate e affidabili, però, c’è anche il fatto che lo scorso anno siamo stati l’unica azienda al mondo con due satelliti di piccole dimensioni operativi nello spazio profondo . Finora gli unici satelliti piccoli che si sono spinti così lontano sono quattro. Due sono di Nasa e Jpl e due sono nostri: uno per il progetto InSight e l’altro, completamente realizzato in ambito privato, è Liciacube, Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids, per il quale abbiamo ricevuto apprezzamenti direttamente dalla Nasa. 

Quali sono le principali missioni spaziali a cui avete partecipato e state partecipando? 

Sono quelle partite lo scorso anno, con Liciacube che fa parte della “Dart mission” della Nasa, e ArgoMoon. Liciacube è stato l’oggetto italiano che si è spinto più lontano nello spazio, arrivando fino a 14 milioni di chilometri di distanza dalla Terra. Il giorno dell’impatto della sonda madre con l’asteroide 65803 Didymos, il 26 settembre, Liciacube è stato per 13 ore senza il controllo da terra, ed è stato in grado di riconoscere autonomamente il target, di avvicinarsi fino a 55 km di quota e di stabilizzarsi in modo autonomo, scattando più di 600 fotografie dell’impatto. Un risultato che ci ha dato grande visibilità e che ha dimostrato l’affidabilità di un mezzo dal peso di 14 chilogrammi, completamente costruito da noi, dal computer di bordo al software dotato di intelligenza artificiale per la navigazione autonoma.

Inoltre, siamo prime contractor in due missioni: una con Asi per il progetto Space Weather e poi con Esa per il progetto Lumio (Lunar Meteoroid Impacts Observer). Ma il progetto più grande in cui siamo coinvolti è la mesa a punto di una costellazione di satelliti di piccole dimensioni a bassa quota che fa parte dei progetti finanziati con il Pnrr. Inoltre stiamo sviluppando una costellazione di 24 satelliti per le comunicazioni ad alta efficienza Terra-Luna e Luna-Luna. Si tratta di una costellazione posta a circa 8mila km dalla superficie lunare che avrà il compito garantire una connettività sull’intero satellite naturale, anche nel cosiddetto “far side”. Oggi, infatti, la connettività sulla Luna è piuttosto scarsa, e questo è un vero e proprio collo di bottiglia per le missioni scientifiche e commerciali. L’obiettivo è di andare a riempire questo gap, creare opportunità, e facilitare le attività lunari per astronauti, space explorers e futuri turisti spaziali. 

Quanto saranno importanti gli investimenti previsti dal Pnrr? 

I tempi del Pnrr sono molto stretti mentre quelli dello spazio sono molto lunghi. Così i primi risultati dei progetti che partiranno quest’anno grazie al piano potremo completarli nel 2026: ma sarà molto importante utilizzare questi finanziamenti in modo oculato, non per progetti “one shot” ma per creare un volano guardando al futuro, un circolo virtuoso che possa contribuire a migliorare costantemente nel tempo il posizionamento dell’Italia nel campo della Space Economy 

Su cosa state investendo di più in termini di ricerca e sviluppo? 

Le strade principali sono due, una per il breve termine e una che guarda più avanti nel futuro. Parliamo in quest’ultimo caso dei mega trend, che possano essere per noi dei fattori di diversificazione. Il nostro obiettivo è arrivare al punto che i nostri satelliti abbiano la bandierina italiana anche all’interno dei sottosistemi, senza che ci sia dipendenza tecnologica da altre nazioni su nulla. E’ un aspetto importante di cui oggi si capisce ancora di più il valore a causa delle tensioni e dei cambiamenti geopolitici in corso.  

Quanto si avverte la carenza di competenze tecnologiche avanzate? 

Il nostro Hr si chiama talent management: il nostro obiettivo è poter contare su persone competenti e motivate, e offrire loro un ambiente di crescita in cui possano imparare ogni giorno dai propri errori. Siamo caratterizzati da una cultura dell’errore molto spinta e dalla volontà di “trainare” i talenti, che altrimenti rischierebbero di perdersi. Guardiamo con grande attenzione ai giovani per le loro capacità e le loro competenze tecnologiche, ma anche a figure manageriali più esperte che possano guidare i più giovani con il loro bagaglio di conoscenze. Dal punto di vista personale, io sono molto legato alle nostre persone, e patisco ogni volta che qualcuno lascia per una nuova avventura. L’importante, però, e che non ne soffra l’organizzazione: per questo facciamo tutto il possibile per trattenere i talenti, impegnandoci per offrire loro le migliori opportunità di crescita.  

Il ministro Urso ha annunciato l’arrivo di una legge-quadro sullo Spazio….

Credo che sia un’iniziativa fondamentale, che dimostra attenzione e la volontà di rilanciare il settore dello Spazio in Italia. Lo Spazio è cambiato, ma c’è sempre e comunque bisogno delle istituzioni: è importante che il governo continui ad accompagnare, dove possibile mano nella mano, alcune aziende: non soltanto quelle grandi, ma anche le Pmi che possono svolgere un ruolo di primo piano nella Space Economy. Non dimentichiamo che SpaceX non sarebbe probabilmente esistita se non avesse ricevuto un grande supporto dalla Nasa. 

Fate parte del distretto dell’aerospazio del Piemonte: che vantaggi ne derivano?

Si tratta di un progetto importante per includere le aziende che lavorano in questo campo o che possono entrare a far parte della filiera in un territorio molto frizzante dal punto di vista aerospaziale. Anche se non bisogna mai perdere di vista la spinta propulsiva necessaria per posizionarsi all’estero come sistema Paese, perché la competizione è e deve essere a livello globale. Nel nostro caso, ad esempio, abbiamo iniziato nel 2021 un piano di espansione negli Usa e abbiamo aperto una sede nel Maryland. E quanto all’Italia, annunceremo a breve la nostra nuova sede, un progetto su cui lavoriamo da tempo. Parallelamente proseguiremo con il nostro piano di assunzioni, abbiamo 100 posizioni aperte che raddoppieranno entro un anno, tra ingegneri e manager. 

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