Aerospazio, Difesa e sicurezza: ”Il fatturato di questo comparto è di circa 17 miliardi. Stiamo parlando di un punto di Pil e il 13% del saldo commerciale del nostro Paese. Due terzi del fatturato sono in export che vale circa due punti dell’export nazionale“. Con queste cifre, Giuseppe Cossiga, presidente della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad), ha fotografato lo stato di salute del settore in un’audizione in commissione Esteri-Difesa del Senato.
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Export: più semplificazione e norma ad hoc
“Mi permetto di dire forse che quello che manca nella nostra legge per la regolazione dell’export (la legge 9 luglio 1990, n. 185; ndr) – ha continuato Cossiga – è una maggiore oggettività e una maggiore chiarezza dell’impronta governativa nelle decisioni che riguardano l’export”. Ha spiegato: “Oggi la struttura che regola la legge è all’interno del ministero degli Esteri che raccoglie informazioni d’interesse, a livello di ministero della Difesa, sugli aspetti strategici e che devono essere coordinati a livello di presidenza del Consiglio. Paesi diversi come la Francia ad esempio hanno un un sistema più diretto in cui la vendita è autorizzata o supportata direttamente dalla presidenza della Repubblica, e quindi a una velocità e rapidità di esecuzione superiore alla nostra. Ora la rapidità di esecuzione e la certezza del mantenimento della posizione da parte di un Paese per quanto riguarda l’export può essere estremamente importante”. Cossiga ha sottolineato anche l’importanza di “mantenere le garanzie della legge 185, migliorando la rapidità di esecuzione, perché le aziende italiane spesso soffrono per iter troppo lunghi”.
Fusioni? Evoluzione necessaria
“Sulle fusioni a livello nazionale in ottica di competitività a livello europeo – ha osservato Cossiga -, alcuni dati oggettivi tendono a dimostrare che in alcuni settori le dimensioni contano per poter continuare ad essere eccellenza a livello internazionale”. Il presidente dell’Aiad ha rimarcato che “i grandi conglomerati nazionali e la loro utilità per porsi in Europa a confronto con equivalenti multinazionali, oltre a considerazioni di tipo oggettivo, sommano opportunità di tipo industriale che dipendono da vari fattori. Quel che è certo è che la politica non può essere estranea a una considerazione: stiamo parlando di un’evoluzione necessaria a tutela del fatto che abbiamo definito come ‘strategica’ la politica di difesa ed estera del Paese. La politica non può rimanere estranea: le industrie fanno quello che ritengono necessario in una logica di medio periodo ma nelle decisioni strategiche non c’è solo un ritorno sugli investimenti. La politica deve prendere le sue decisioni”.
“Il problema della fusione di Leonardo e Fincantieri – gli ha fatto eco il segretario generale dell’Aiad, Carlo Festucci – è un problema delle aziende o della politica che deve dare indirizzi? Ci sarà qualche indirizzo che va dato a queste aziende per capire la direzione in cui si muoversi”.
Difesa: occorre eliminare percezione negativa del settore
“Per quanto riguarda il tema generale delle nuove necessità dell’industria degli armamenti legate alla manodopera specializzata – dall’operaio sino all’ingegnere – c’è uno sforzo in più da fare per togliere al mondo della Difesa questa cappa di negatività che continua ad esserci”, ha evidenziato il presidente dell’Aiad: “Ad esempio – ha aggiunto – fare una presentazione in università importanti per un’azienda del settore della Difesa è estremamente difficile. È necessaria un’evoluzione culturale in questo senso“.