Il pianeta nano trans-nettuniano Quaoar è avvolto di un denso anello di detriti che, stando alle teorie attuali, non dovrebbe esserci. È questa la tesi scritta su “A dense ring around the trans-Neptunian object (50000) Quaoar well outside its Roche Limit”, articolo apparso ieri sulla rivista Nature e che porta come prima firma quella di B.E. Morgado, ricercatore della Universidade Federal do Rio de Janeiro.
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L’anello anomalo
Che cosa hanno osservato di strano Morgado e gli altri ricercatori di 11 paesi che hanno partecipato allo studio? Che Quaoar ha intorno a sé, oltre ad una luna di nome Weywot con un raggio di 80 km che ha un’orbita 24 volte il suo raggio di 555 km, un anello con un raggio pari a 7,4 volte. Un’anomalia secondo quello che gli studiosi chiamano il limite di Roche, ovvero la distanza relativa oltre la quale il materiale orbitante si dissolve o si condensa in un satellite.
Oltre il limite di Roche
Secondo la scienza questo limite ha un raggio di 2,44 volte rispetto a quello del corpo celeste intorno al quale si forma. E questo vale per Saturno e altri pianeti nani come Chariklo e Haumea i cui anelli, così come quello di Quaoar, hanno un rapporto rotazione/risonanza orbitale pari ad un terzo. Questa proporzione indica che tale fattore di risonanza gioca un ruolo chiave per il confinamento degli anelli di questi piccoli corpi celesti, ma rimane il mistero.
Con il telescopio di Leonardo
Per individuare l’anello di Quaoar, Morgado e i suoi colleghi hanno osservato il pianeta nano dal 2018 al 2021 utilizzando alcuni telescopi terrestri e la sonda Cheops dell’Esa, concepita per lo studio degli esopianeti e dotata di un telescopio realizzato per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) da Leonardo nel proprio stabilimento di Campi Bisenzio (FI), con l’apporto di ingegneri, tecnici specializzati e fisici su indicazione dei ricercatori Inaf di Padova e di Catania in collaborazione con l’Università di Berna.
Il metodo dell’occultamento
Il sistema ottico del telescopio del Cheops è basato su specchi asferici e la sua ottica è dotata di un sistema di collimazione sul piano focale. Il metodo di osservazione adottato è stato quello dell’occultamento, ovvero attraverso l’allineamento ottico di Quaoar con stelle distanti. Ostruendo la luce di quest’ultime, il pianeta nano ha rivelato le forme, le caratteristiche e le dimensioni dell’anello formato da materiali in orbita intorno. Si è scoperto così che con questo metodo possono essere studiati altri oggetti trans-nettuniani (Tnos).
La stella fortunata
Chiamati così perché si trovano oltre Nettuno, cioè nella parte più esterna del Sistema Solare, se ne conoscono circa 3mila tra cui Plutone ed Eris. Nella scala dimensionale, Quoar è il settimo e orbita intorno al Sole a una distanza 44 volte quella della Terra. Per sfruttare nel modo migliore questo metodo di osservazione, sono stati utilizzati i dati di Gaia, la missione dell’Esa che sta mappando tridimensionalmente la Via Lattea, ed è stato coinvolto lo European Research Council Lucky Star, coordinato da Bruno Sicardy della Sorbonne University & Paris Observatory – Psl (Lesia).
Dallo scetticismo alla fiducia
Il Lucky Star comprende anche una fitta rete di astronomi amatoriali nonché scienziati come Isabella Pagano dell’Osservatorio Astronomico dell’Inaf di Catania e membro del Cheops Board. A informare la Pagano delle possibilità offerte dall’occultazione è stata Kate Isaak, project scientist per la missione Cheops. “Ero un po’ scettica sulla possibilità di fare questo con Cheops – racconta la Pagano – ma abbiamo investigato sulla sua fattibilità”.
Primo tentativo a vuoto
L’opportunità di utilizzare il metodo dell’occultamento attraverso un telescopio nello spazio è evitare l’effetto di distorsione ottica creato dalle zone basse dell’atmosfera terrestre. Il problema è quello di calibrare la traiettoria del satellite in relazione alla resistenza riscontrabile nelle zone più alte, condizionata anche dall’imprevedibilità dell’attività solare. Il primo tentativo, fatto su Plutone, non è stato un successo perché la traiettoria non era abbastanza accurata e l’occultamento non si è verificato.
Il secondo a segno
Il secondo tentativo invece, operato proprio su Quaoar, è andato meglio ed è stato possibile realizzare la prima osservazione dallo spazio di un oggetto trans-nettuniano attraverso il metodo dell’occultamento. Il Cheops ha offerto un rapporto segnale/rumore “stupefacente”, come ricorda la Pagano, permettendo di individuare con sicurezza, attraverso anche successive osservazioni, l’anello del pianeta nano escludendo la possibilità che si trattasse di disturbi ottici.
Teorie da rivedere
“Il momento che abbiamo visto quello che abbiamo visto – ricorda Bruno Morgado che ha condotto l’analisi dei dati raccolti – abbiamo detto: okay, stiamo vedendo un anello intorno a Quaoar”. Allo studio ha collaborato anche un altro ricercatore dell’Osservatorio Astrofisico dell’Inaf di Catania, Giovanni Bruno. “Allora, quello che è così intrigante di questa scoperta circa Quaoar è che l’anello di materiale è molto più distante del limite di Roche. Come risultato delle nostre osservazioni, la nozione classica che gli anelli densi sopravvivono solo all’interno del limite di Roche di un corpo planetario deve essere profondamente rivista”.
Alla ricerca di altri anelli
I primi risultati sembrano suggerire che le temperature rigide di Quaoar potrebbero giocare un ruolo prevenendo la saldatura tra di loro delle particelle di ghiaccio. Nel frattempo i fisici teorici hanno già iniziato a lavorare sull’anello di Quaoar e di come possa sopravvivere a quella distanza dal pianeta. Ulteriori elementi potrebbero arrivare dall’osservazione, attraverso il metodo dell’occultamento, di altri Tnos determinando le loro caratteristiche con maggiore precisione e scoprendone altri dotati di anelli.