L’osservazione della Terra non è fatta solo di satelliti, ma anche di palloni aerostatici capaci di raccogliere un’enorme quantità di dati dalla stratosfera con il proprio payload. Uno di questi è Hermes, il progetto finanziato e coordinato dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e del quale è responsabile scientifico l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Hermes – che vuol dire HEmera Returning MESsenger – è partito lo scorso 21 luglio dalla base spaziale di Esrange (Kiruna, Svezia) ad opera della Swedish Space Corporation (Ssc) e ha portato in quota apparecchiature, all’interno della cosiddetta “gondola”, che trasmettono e registrano i dati per poi tornare a Terra su un aliante.
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Hemera, piattaforma europea interoperabile
Hermes rientra nel più ampio progetto europeo Hemera, al quale partecipano 13 organizzazioni internazionali ed è coordinato dal Centre National d’Études Spatiale (Cnes), l’agenzia spaziale francese con l’obiettivo di creare un piattaforma tecnico-scientifica condivisa ed interoperabile con la quale condurre esperimenti a quote suborbitali attraverso l’utilizzo di palloni aerostatici suborbitali. Nell’ambito di Hemera c’è la possibilità che i migliori esperimenti scientifici possano volare gratuitamente. La comunità scientifica italiana ha dimostrato ancora una volta la sua vivacità e validità presentando il maggior numero di proposte vedendole accogliere in misura maggiore di qualsiasi altro proponente. Il payload di Asi e Ingv è uno di questi.
Dati trasmessi e anche ben custoditi
A spiegare le sue particolarità tecniche e la sua importanza è Alessandro Iarocci, tecnologo del Laboratorio Nuove Tecnologie e Strumenti (Lnts) dell’Ingv e referente scientifico dell’Istituto per Hermes. Come detto, sospeso al pallone c’è una gondola “la struttura meccanica che ospita la strumentazione scientifica a bordo e tutte le apparecchiature elettroniche necessarie per il tracking, le comunicazioni verso terra, le registrazioni dei dati di assetto e di housekeeping” spiega lo scienziato. Uno dei punti di forza di Hermes è di essere dotato di una memoria allo stato solido in grado di custodire i dati in modo sicuro fino al recupero dell’aliante. “Questo è importante per molti esperimenti in quota e in aree polari che producono enormi quantità di dati impossibili da trasferire con le connessioni satellitari attualmente disponibili. In questo modo – conclude Iarocci – i dati scientifici sarebbero recuperati anche se l’esperimento dovesse andare perso o non potesse essere portato a termine. L’aliante, inoltre, è anche in grado di trasportare a bordo provette per effettuare campionamenti nella stratosfera”.
Specializzato in missioni polari
“Il lancio di Hermes – aggiunge Massimiliano Vallocchia del laboratorio Lnts dell’Ingv – è una notizia importante per l’Ingv perché consentirebbe di avere a disposizione della comunità scientifica i dati di un esperimento acquisiti a quote stratosferiche senza aspettare il recupero del payload stesso, o come verifica del corretto funzionamento delle apparecchiature di bordo e dei dati acquisiti qualora la telemetria locale a vista non fosse più sufficiente a trasferire a terra grosse moli di dati. Tale aspetto è particolarmente significativo per le missioni polari invernali o a lunga durata”.
Prossimo passo: missioni più lunghe
Tale tecnica di raccolta dati è dunque destinata ad ulteriori evoluzioni. “Il prossimo passo – conclude infatti Vallocchia – va nella direzione di dotare un payload stratosferico di esperimenti di lunga durata (dell’ordine di alcuni mesi) di più alianti: questo aumenterebbe la ridondanza del sistema e consentirebbe di avere fruibili i dati dell’esperimento anche prima della sua conclusione”.