IL PROGETTO

Difesa planetaria, parte la missione Hera. Molta Italia a bordo



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Verificherà la deviazione causata dall’impatto della sonda Dart della Nasa. Due i cubesats in orbita: il Milani, realizzato nel nostro Paese da Tayvak, effettuerà osservazioni multispettrali di superficie. Nato nei siti di L’Aquila e Roma il Deep Space Transponder di Thales Alenia Space. L’Istituto Nazionale di Astrofisica responsabile di Vista, un sensore per l’analisi dell’ambiente di polveri del sistema Didymos-Dimorphos

Pubblicato il 8 ott 2024



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Dalla base di Cape Canaveral (Florida), con un razzo Falcon 9 dell’americana SpaceX, è decollata la sonda Hera dell’Agenzia spaziale europea (Esa) con obiettivo l’asteroide Dimorphos che raggiungerà nel dicembre 2026. Hera fa seguito alla missione Dart della Nasa che nel settembre del 2022 aveva impattato, deviandone l’orbita, contro Dimorphos, la piccola luna orbitante di un sistema di asteroidi binari noto come Didymos.

Il precedente e il ruolo dell’Asi

Allora a catturare le immagini fu il cubesat LiciaCube dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), realizzato da Argotec, che scattò oltre 600 immagini dell’impatto. Hera cercherà quindi la prova definitiva del sistema di difesa planetario da attuare qualora la Terra dovesse essere in pericolo di collisione con un asteroide. A bordo di Hera molta scienza e tecnologia italiana grazie ai contributi, gestiti dall’Asi.

“Sono passati due anni da quando abbiamo ricevuto a Terra le sensazionali immagini del nostro satellite LiciaCube che ha documentato – ha dichiarato Teodoro Valente, presidente dell’Asi – l’impatto della sonda della Nasa Dart su un asteroide. Immagini che ci hanno permesso di studiare e verificare una nuova strategia di protezione planetaria in caso di pericolo derivante da asteroidi e altri oggetti”.

Alleanza di scienza e tecnologia

Il satellite Hera ha iniziato il suo lungo viaggio sempre verso la stessa destinazione per analizzare ancor più da vicino ciò che è accaduto a Dimorphos, colpito allora e deviato nella sua orbita intorno a Didymos: “La strategia della caccia agli asteroidi potenzialmente pericolosi – ha continuato Valente – si rafforza con questo importante contributo dell’Europa, con l’Italia e l’Asi in prima linea, verso il consolidamento della tecnica scelta per essere utilizzata nel caso in cui dovesse essere rilevato un corpo minore in rotta di collisione con il nostro Pianeta. La partecipazione italiana alla missione è frutto, ancora una volta, di una collaborazione virtuosa tra scienza e tecnologia che fa confermare il nostro Paese ai vertici in questo campo e che fornirà all’Europa una capacità elevata che le permetterà di essere al passo in ambito internazionale”.

Due cubesats per i rilevamenti

Hera rilascerà anche due cubesats per eseguire osservazioni ravvicinate di supporto. Uno dei due, chiamato Milani, realizzato in Italia dalla Tayvak, effettuerà osservazioni multispettrali di superficie, mentre l’altro, Juventas, effettuerà per la prima volta rilevamenti radar dell’interno di un asteroide. Sulla sonda l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) è inoltre responsabile dello strumento Vista (Volatile in situ thermogravimeter analyser), un sensore per l’analisi dell’ambiente di polveri del sistema Didymos-Dimorphos a bordo di Milani.

Studio sulla polvere

Lo studio della polvere attorno a Didymos è fondamentale per capire la coesione di questi corpi celesti nell’ottica di poterli deviare da orbite potenzialmente pericolose. Oltre alle attività su Vista, Inaf collabora attivamente con altri due strumenti a bordo della missione: lo spettrometro Aspect e la termocamera a infrarossi Tiri.

Thales Alenia Space e Leonardo protagoniste

Per la parte industriale inoltre la Thales Alenia Space ha realizzato importanti equipaggiamenti, tra cui il transponder nello spazio profondo, costruito in Italia negli stabilimenti di Roma e L’ Aquila che consentirà una solida comunicazione con la stazione di terra.

Thales Alenia Space in Spagna, come responsabile del sottosistema di comunicazione, che consente di controllare e seguire la navicella da una distanza fino a 500 milioni di chilometri e di inviare a Terra tutte le informazioni raccolte da Hera. Thales Alenia Space in Italia ha sviluppato il Deep Space Transponder all’avanguardia, mentre Thales Alenia Space in Belgio ha sviluppato i Tubi a onde progressive (Twta) e l’Unità di condizionamento e distribuzione dell’alimentazione (Pcdu), che fornisce energia al veicolo spaziale per tutto il suo ciclo di vita.

Anche Leonardo ha dato il suo apporto fornendo i pannelli fotovoltaici che alimenteranno la sonda. Realizzati nello stabilimento di Nerviano (Mi), sono composti da due ali con tre pannelli ciascuna per un totale di circa 14 metri quadrati e oltre 1.600 celle, ognuna grande quasi il doppio di una carta di credito.

In campo anche Avio, Tsd Space e Ohb Italia

Inoltre Ohb Italia è coinvolta nella realizzazione di importanti sistemi di bordo quali il sistema di potenza elettrica, mentre la propulsione è stata assegnata ad Avio. Tsd Space, una pmi con sede a Napoli, ha infine realizzato la Spacecraft monitoring camera (Smc) di Hera.

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